sabato 24 dicembre 2011

L'IMPRONTA DEL KILLER 17 ANNI DOPO. RIAPERTE LE INDAGINI SULL'UCCISIONE DI ANTONELLA DI VEROLI A VIA DOMENICO OLIVA 13

FONTE: http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=174144&sez=HOME_ROMA
La donna venne uccisa a Montesacro: il suo corpo venne ritrovato dalla sorella dentro un armadio.








di Cristiana Mangani
ROMA - Si ripartirà dalle impronte sulla scena del crimine,
nella speranza di trovare qualche spunto investigativo nuovo
per risolvere l’ennesimo giallo senza un colpevole.
La procura della Capitale ha riaperto il caso conosciuto
come il delitto dell’armadio, quello della morte
misteriosa della commercialista Antonella Di Veroli, 47 anni,
single, con un ottimo lavoro. Un altro omicidio avvenuto
negli anni ’90 che ha messo a dura prova magistrati e
investigatori.
E che ha visto finire sotto processo il fotografo Vittorio Biffani, morto
nel 2003, ma all’epoca amante delle donna, che viene assolto nei tre gradi di giudizio
con formula piena. Si ricomincia dai reperti recuperati nella casa di via Domenico
Oliva 13, nel quartiere Montesacro. Dall’impronta digitale e dall’orma di scarpa trovate
sull’anta dell’armadio nel quale è stato nascosto il cadavere e che non saranno attribuibili
agli indagati; dagli esami dello stub al dna estratto da una tazzina di caffé, e soprattutto
dalla vita della vittima. Partendo da un presupposto: anche per Di Veroli, come per
altri casi famosi, è stato impossibile accertare con sicurezza l’ora della morte. Si è
parlato genericamente della notte tra il 10 e l’11 aprile del ’94.

È l’11 aprile alle 19,30 quando la sorella preoccupata
per l’assenza di Antonella si reca nella casa per
vedere se è successo qualcosa. Le luci nell’appartamento
sono accese, ma di lei nessuna traccia. Alle 21 arriva
anche Umberto Nardinocchi, 62 anni, socio ed ex compagno
della Di Veroli, accompagnato dal figlio e da un amico agente
di polizia. Ma solo il giorno seguente, alle 16,30,
ancora la sorella e Nardinocchi scopriranno il corpo.
È chiuso nell’armadio della camera da letto, con le ante
sigillate da un collante. Antonella è stata ferita alla testa
con due colpi di pistola di piccolo calibro e poi soffocata con un sacchetto di plastica.
Gli inquirenti ipotizzano subito che la donna conoscesse il suo assassino perché gli ha
aperto la porta, o è entrato lui stesso con le chiavi.
Finiscono sotto indagine Umberto Nardinocchi, con il quale aveva avuto una relazione,
e il fotografo Vittorio Biffani, l’uomo per il quale nutriva un’autentica passione.
Si scopre, poi che Biffani aveva un debito di 42 milioni con la vittima, e questo
aggrava la sua posizione.

A complicare le indagini ci pensa l’esame dello stub, al quale Nardinocchi e Biffani
si sottopongono: il risultato è positivo per entrambi. C’erano tracce di polvere da sparo
sulle mani di tutti e due. Un anno dopo, però, il pm Nicola Maiorano chiede il processo
per il fotografo. Era quello che poteva avere più interesse a ucciderla, dice l’accusa:
aveva un debito, aveva interrotto la relazione con lei e, poi è anche un personaggio
misterioso, perché è in possesso del Nos, il nullaosta di sicurezza che è una speciale
autorizzazione concessa dai servizi segreti. Il processo darà ragione a Biffani.
La nuova indagine è stata ancora una volta assegnata a Maiorano e i reperti verranno
inviati ai carabinieri del Ris di Roma per le nuove analisi.
Questa volta si cercherà più a fondo nella vita della donna, si lavorerà con più
attenzione sui reperti, nella speranza di trovare, anche qui, il vero colpevole,
osì come accaduto con il caso dell’Olgiata, dell’omicidio di Alberica Filo della Torre.
Giovedì 22 Dicembre 2011 - 10:42    Ultimo aggiornamento:
Venerdì 23 Dicembre - 16:04
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