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ANDREA DEL MONACO - Deficit e Iva, Renzi lascia un conto salatissimoCosa lascerà la befana del presidente Renzi? L'Iva al 25% nel 2018 e al 25,9% nel 2019. Le mance elettorali contenute nella manovra sono state inutili considerata la vittoria del No
al referendum costituzionale. Eppure le mance rimangono. Nel contempo
rimangono due cose: l'azzeramento del deficit strutturale di bilancio
nel 2019 e il rinvio dell'aumento dell'Iva.
Che significa? Che il futuro presidente
del Consiglio (Renzi stesso, Padoan, Grasso o Franceschini) dovrà
trovare 19 miliardi nella prossima manovra per il 2018 e 23 miliardi
nella manovra per il 2019. Altrimenti scatteranno le clausole di
salvaguardia. Dove troverà quei soldi? Facendo tagli oppure mettendo
nuove tasse: infatti non potremo più rinviare l'aumento dell'Iva
emettendo altro debito perché dobbiamo ridurre fino ad azzerarlo nel
2019 il deficit strutturale di bilancio. Vediamo come si è arrivati a
questa situazione attraverso tre spunti.
1) Legge di bilancio disattende impegno di maggio di Padoan con Moscovici e Dombrovskis: deficit 2017 sale da 1,8 a 2,3%.
Il 16 maggio 2016, in una lettera ufficiale,
i Commissari europei Dombrovskis e Moscovici hanno concesso un deficit
per il 2016 al 2,3%, solo a condizione che il Ministro Padoan si
impegnasse per iscritto all'obiettivo di un rapporto Deficit/PIL per il
2017 pari all'1,8%. E Padoan, il 17 maggio, ha dovuto inviare una lettera di risposta nella quale confermava tale impegno.
A
maggio Bruxelles non ha aperto la procedura di infrazione solo grazie a
tale impegno. Oggi il governo Renzi, con la Legge di Bilancio approvata
ieri al Senato, non ottempera a tale impegno, chiede una flessibilità
dello 0,5% e porta il deficit strutturale di bilancio per il 2017 al
2,3%. Il 21 maggio
su la7 obiettai all'On. Roberto Gualtieri che l'impegno del Ministro
Padoan ad abbassare il deficit all'1,8% per il 2017 non sarebbe stato
adempibile.
E, come previsto, l'impegno in Legge di Bilancio non è
stato adempiuto. Vediamo l'annullamento delle clausole di salvaguardia
nell'analisi dell'Ufficio Parlamentare di Bilancio (UPB) effettuata nel documento Rapporto sulla politica di bilancio 2017.
2) Servono 19 miliardi per evitare Iva al 25% nel 2018. E 23 miliardi per evitare Iva al 25,9% nel 2019
Come
evidenziato in tabella 1, per il 2017, l'annullamento delle clausole di
salvaguardia è l'intervento più importante nella Legge di Bilancio:
esso vale lo 0,9 per cento del PIL, 15,3 miliardi: 6,95 miliardi servono
per evitare che l'Iva agevolata passi dal 10 al 13%, 8,1 miliardi
servono per evitare che l'Iva ordinaria passi dal 22 al 24%, 220 milioni
per evitare l'incremento delle accise.
L'anno prossimo, nella
manovra per il 2018, la sterilizzazione delle clausole di salvaguardia
ci costerà 19,5 miliardi: sempre 6,9 miliardi per evitare l'aumento
dell'Iva agevolata dal 10 al 13%, e 12,2 miliardi per evitare che l'Iva
ordinaria passi dal 22 al 25%. Non è finita qui. Nella manovra del 2018
per il 2019 la sterilizzazione ci costerà 23,2 miliardi. Non solo 6,9
miliardi per evitare l'aumento dell'Iva agevolata dal 10 al 13%, non
solo 12,2 miliardi per evitare che l'Iva ordinaria passi dal 22 al 25%:
questi sono i costi per sterilizzare le clausole precedenti. Si
aggiungeranno nuove clausole: nel 2018 serviranno altri 3,6 miliardi per
evitare che l'Iva arrivi dal 25 al 25,9%.
3) Ufficio parlamentare di bilancio: flessibilità 2017 imporrà stangata fiscale nel 2019 e aggraverà crisi
Ora
è importante ricordare due passaggi: 1) noi usiamo la maggior parte del
deficit per evitare l'aumento dell'Iva; ci indebitiamo per evitare
l'aumento delle imposte: tale aumento è la clausola di salvaguardia per
Bruxelles qualora non facessimo tagli equivalenti nel bilancio dello
stato; 2) poiché il governo si è impegnato nel 2019 ad azzerare il
deficit strutturale di bilancio, poiché il governo scrive che nella
manovra del 2018 serviranno 23 miliardi per evitare l'aumento dell'Iva,
nel 2018 cosa succederà?
Se non possiamo più indebitarci per
annullare l'aumento dell'Iva, dovremo tagliare 23 miliardi nelle spese
dello stato. E qui è interessante cosa fa notare l'UPB nella tabella 2.
Nel grafico abbiamo tre curve che rappresentano il deficit programmatico
nel DEF 2016, nella Nota di aggiornamento al DEF 2016 e nel Documento
Programmatico di Bilancio (DPB). Nel DEF 2016, il consolidamento
fiscale, quindi l'aumento delle tasse (o i tagli) necessari per
raggiungere il pareggio di bilancio nel 2019 erano concentrati nel 2019
senza toccare il 2018.
Ora
invece cosa accade: per fare più deficit nel 2017 (dall'1,8% pattuito
al 2,3% oggi richiesto, ovviamente sempre rispetto al PIL), Renzi è
stato costretto ad aumentare la riduzione del deficit strutturale di
bilancio nel 2018. Quindi, il deficit del 2017 evita l'aumento dell'Iva:
l'espansione fiscale ha un effetto anticiclico che è evidenziato dalla
freccia rossa verso il basso.
Poi nel 2018-2019 la restrizione
fiscale ovvero il possibile aumento dell'Iva dovuto all'impossibilità di
indebitarci, ha un effetto pro-ciclico ed è evidenziato dalla freccia
rossa verso l'alto. Conclusione? La Fiscal Stance,
l'indirizzo economico prima moderatamente espansivo poi restrittivo
della politica di bilancio sull'andamento macroeconomico, aggraverà la
crisi. Soluzioni? Ricontrattare i trattati Ue e investire prima di
avvitarci definitivamente nella recessione.
Un blog che vuole essere fonte informativa e riferimento per segnalazioni,proposte,proteste nel quartiere Monte Sacro Alto,ossia Talenti di Roma, e per il Municipio III. Ha combattuto contro le degenerazioni del c.d."Modello Roma", e vuole operare, senza condizionamenti,nell'interesse della gente e della vivibilità dei nostri quartieri.
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