http://www.di-roma.com/index.php/cronaca/1472-una-casa-per-la-lazio-al-flaminio-si-puo-fare-se
Dare una nuova opportunità di vita al Flaminio come casa della Lazio, con un azionariato diffuso coi tifosi “veri padroni” dello stadio. Il 28 marzo se n’è parlato all’auditorium del Maxxi, in un convegno organizzato da Federsupporter, in collaborazione con ‘Roma Produttiva’ e il patrocinio del II Municipio di Roma. Tante le perplessità per Tor di Valle.
di Maurizio Ceccaioni
Dai vetri del tram, lo stadio Flaminio spunta
dietro i banchi di un mercato ambulante. Da lì non si percepisce
appieno lo stato in cui versa lo storico impianto comunale. L’auditorium del Maxxi, il Museo nazionale delle arti del XXI secolo di Roma, è semideserto. Le immagini mute scorrono
sul grande schermo, ma sono il fantasma dello Stadio Flaminio che
conobbi in gioventù e mostrano l’incuria in cui è lasciato un prezioso e
storico bene pubblico.
Gli spogliatoi devastati,
fanno il paio con quello che fu il tappeto verde su cui giocai da
ragazzo, ma a far tremare le gambe salendo verso il campo, non è la
vista del pubblico, ma lo stato di abbandono di un impianto fermo da 6 anni, che sembra così da sempre. Sei anni che hanno tracciato una netta linea di demarcazione, tra quello che fu lo stadio intitolato al ‘Grande Torino’ e la struttura semi arrugginita, usata come rifugio notturno di fortuna.
Il tema del convegno del 28 marzo, ‘Impianti sportivi – Tor di Valle vs Flaminio: rischi ed opportunità’, ha messo il dito in una piaga aperta dopo il 19 giugno 2011, fine ufficiale della onorata carriera dello Stadio, con la partita Atletico Roma-Juve Stabia. Ad organizzare l’incontro, coordinato dal giornalista Fabio Cortese, consigliere municipale e volto noto del Tg3, Federsupporter in collaborazione con ‘Roma Produttiva’ e il patrocinio del II Municipio di Roma. Non un confronto, per l’assenza per impegni pregressi dell’assessore allo Sport del Comune, Daniele Frongia e quella del presidente del Coni, Giovanni Malagò, ma una voce corale che ha gridato verso i palazzi della politica, di mettere fine a questo dramma dell’incuria.
Il tema del convegno del 28 marzo, ‘Impianti sportivi – Tor di Valle vs Flaminio: rischi ed opportunità’, ha messo il dito in una piaga aperta dopo il 19 giugno 2011, fine ufficiale della onorata carriera dello Stadio, con la partita Atletico Roma-Juve Stabia. Ad organizzare l’incontro, coordinato dal giornalista Fabio Cortese, consigliere municipale e volto noto del Tg3, Federsupporter in collaborazione con ‘Roma Produttiva’ e il patrocinio del II Municipio di Roma. Non un confronto, per l’assenza per impegni pregressi dell’assessore allo Sport del Comune, Daniele Frongia e quella del presidente del Coni, Giovanni Malagò, ma una voce corale che ha gridato verso i palazzi della politica, di mettere fine a questo dramma dell’incuria.
Dopo il saluto della presidente del II Municipio Francesca Del Bello, ha parlato il deputato Pd Roberto Morassut, che da assessore all’Urbanistica con Veltroni qualche responsabilità sulle sorti del territorio romano l’ha avute. «Se
Lotito vuole uno stadio per la Lazio, diamogli il Flaminio, perché se
non si interviene subito, c’è il rischio molto serio di una
irreversibilità. Per questo temo anche per l’Olimpico». Sarà “falsa coscienza”, ma omette di ricordare la fine indegna del Velodromo Olimpico dell’Eur, nato assieme al Flaminio. Abbandonato al suo destino per decenni, fu fatto saltare in aria con il tritolo a fine luglio 2008.
Una fine che rischia di fare oggi anche l’Ippodromo di Tor di Valle, se dovesse passare il discusso progetto della società Eurnova srl per lo “Stadio delle Rane”, come è stato ironicamente definito il progetto per quello dell’As Roma, dopo la lettera scritta a Virginia Raggi da Lorenzo Croce, presidente dell’Aida (associazione italiana a difesa degli animali e ambiente).Un sito inviso anche dal Morassut tifoso romanista: «Sono sempre stato contrario alla scelta dell’As Roma per lo stadio a Tor di Valle».
E ricorda che, «All’origine
di tutta la storia sugli stadi c’è una legge sbagliata che io ho
contestato, ma ho poi votato per disciplina di gruppo» (sic!).
Loda il quartiere Flaminio, definito «Grande laboratorio di riqualificazione urbana, di cui lo stadio è uno dei capitali». Ma si chiede: «La struttura portante è ancora integra?».
Una domanda finora senza risposta, dato che chi si è avvicendato a Campidoglio in questi anni, pare non abbia fatto concretamente nulla per il Flaminio, visto lo stato delle cose.
Per il presidente di Federsupporter, Alfredo Parisi, «C’è da fare sistema» dando il Flaminio alla Lazio, che nacque lì vicino e per anni lo usò come stadio di casa. «Sarà uno stadio di tutti i tifosi – dice Parisi - perché i club padronali sono ormai fuori mercato». Un azionariato popolare che coinvolgerà le migliaia di tifosi e iscritti alle tante sezioni che gravitano nella Società Sportiva Lazio. A gestirlo, una ‘Newco’ ad hoc, con un “comitato promotore” composto da diverse professionalità e nell’assemblea societaria, per il voto “uno conterà uno”, per dirla secondo il “Grillo pensiero”, a prescindere dal numero delle quote possedute. La Newco’, farebbe anche da spartiacque verso la Lazio calcio Spa del presidente Lotito, che si era inimicato molti tifosi, scartando a priori il Flaminio e puntando sull’area della Tiberina.Un obiettivo che per Federmanager è raggiungibile, dato l’interesse espresso dalla Giunta Raggi, il “Ni” di Lotito e l’assenso degli eredi dell’ing. Antonio Nervi, che progettò lo stadio alla fine degli anni 50 del XX secolo. L’idea è uno stadio da circa 42mila posti, con un impianto polivalente dove ospitare le decine di attività delle varie sezioni della Lazio. Sfruttando gli spazi sotto il campo e le tribune, valorizzando anche la necropoli romana scoperta nel 2008. Il modello di riferimento è quello del londinese Stamford Bridge, di proprietà del Chelsea, ma non di Roman Abramovič, proprietario del Football club. A gennaio 2017, l’assessore Frongia aveva dichiarato a ‘Radio Radio’, di voler partecipare al bando ‘Keeping it Modern’ della Getty Foundation, che finanzia progetti per la tutela del patrimonio architettonico moderno. Per risanare il Flaminio si parlava di 15 milioni di euro e Parisi si chiede: «Perché la Getty Foundation dovrebbe investire questi soldi sul Flaminio?».Per Enrico Lubrano, avvocato e docente di Diritto dello sport alla Luiss, «Sognare non costa, ma pesa tanto quando si scontra con le norme della burocrazia». Prendendo in esame i 4 commi delle norme sugli stadi, inseriti nella Legge di stabilità 2014 (302, 303, 304 e 305), si domanda: «Perché tanti commi senza titoli sono stati inseriti in una finanziaria composta da un solo articolo?». Poi, riflettendo su Tor di Valle, si chiede: «Lì questi quattro commi sono stati davvero rispettati?». Una domanda che dà il via a Massimo Rossetti (a sinistra nella foto sopra), avvocato e consigliere di Federsupporter, che considera le vicende di Tor di Valle «Come un thriller di cui non si conosce ancora la fine». Parla delle procedure attuate e, riferendosi alle “condizioni prescrittive” si chiede se siano state mantenute, perché «Altrimenti deve decadere anche la clausola di ‘pubblico bene’».Il ragionamento è chiaro: «In presenza di variazioni dell’atto, la pubblica amministrazione può rivedere le proprie decisioni». Come a dire, visto che il progetto è cambiato, la Delibera del Consiglio comunale n. 132, che dava a tutto il progetto di Eurnova srl il lasciapassare di opera di pubblica utilità, va ripresentata in Aula. Infatti, «Con
le posizioni “cristallizzate” dopo la Conferenza dei servizi decisiva
del 3 marzo scorso, non ci possono essere più cambiamenti. A meno che,
prima del 5 aprile non venga presentato un nuovo progetto. Per cui,
secondo la regola del cosiddetto Contrarius actus, dovrebbe ripartire un
nuovo iter, cominciando, probabilmente, da una nuova Conferenza dei
servizi preliminare». Poi c’è il vincolo sull’Ippodromo, richiesto dalla soprintendente Margherita Eichberg, il 18 febbraio. «Ci sono 120 giorni per avere delle certezze – dice Rossetti - e si andrebbe ben oltre il 5 aprile». Poi chiarisce che con le modifiche intervenute in materia di opere di pubblica utilità nel 2016, la storia di Tor di Valle si va ancor più complicando, mentre si rafforzano le voci dissonanti. «Dobbiamo dire addio a Tor di Valle?» chiosa l’avvocato.
Il presidente di Roma Produttiva, Giulio Anticoli (a destra nella foto), ricorda lo stato di abbandono della città e del centro storico diventato un gran bazar, i 49 cinema chiusi o trasformati, le migliaia di botteghe artigiane diventate minimarket, frutterie ed empori gestiti da stranieri. Parla di «Ripartire dagli stadi, dalle aree di cultura, con un risveglio cittadino per riqualificare questo patrimonio». Dice, «Ripartire da zero per dare a Roma una dimensione europea».«Magari, cominciando proprio dal Villaggio Olimpico», gli fa eco il vicepresidente della Lazio nuoto, Renato Siniscalchi (a inistra nella foto). «Era nato per far riposare gli atleti di Roma 60 - dice - e oggi è un centro della cultura romana». Poi ricorda che il Flaminio «È stato e rimane l’unico vero stadio della città».
Il presidente di Roma Produttiva, Giulio Anticoli (a destra nella foto), ricorda lo stato di abbandono della città e del centro storico diventato un gran bazar, i 49 cinema chiusi o trasformati, le migliaia di botteghe artigiane diventate minimarket, frutterie ed empori gestiti da stranieri. Parla di «Ripartire dagli stadi, dalle aree di cultura, con un risveglio cittadino per riqualificare questo patrimonio». Dice, «Ripartire da zero per dare a Roma una dimensione europea».«Magari, cominciando proprio dal Villaggio Olimpico», gli fa eco il vicepresidente della Lazio nuoto, Renato Siniscalchi (a inistra nella foto). «Era nato per far riposare gli atleti di Roma 60 - dice - e oggi è un centro della cultura romana». Poi ricorda che il Flaminio «È stato e rimane l’unico vero stadio della città».
Vittorio Sgarbi, dal telefono si dice contrario al «Grottesco stadio a Tor di Valle» e favorevole al Flaminio, ritenuto una «priorità», perché «Il nemico di Tor di Valle è amico del Flaminio», dice. Ricorda la polemica con il «Totti urbanista» e afferma che: «Il problema non è restaurare, ma non restaurare, perché il Flaminio non deve essere archeologia, ma presente».Molto critica su Tor di Valle, anche Maria Cristina Lattanzi
di Italia nostra-Roma (a destra nella foto sotto). Ricordando che il
progetto ha avuto una valutazione d’impatto ambientale (Via) negativa, si chiede anche lei: «Dov’è l’interesse pubblico del progetto?».
Gian Paolo Giovannelli, assessore ai Lavori pubblici e urbanistica del II Municipio, denuncia il degrado che regna specialmente nell’area stadio, «Occupato abusivamente». Ricorda anche di aver iniziato un percorso positivo con l’ex assessore Berdini, «Ma poi i Cinquestelle l’hanno cacciato e ora dobbiamo ricominciare». Tra
i pochi presenti, si sono notati anche alcuni rappresentanti di
comitati e associazioni cittadine, come l’ex vice sindaco delle giunte
Petroselli, Alberto Benzoni, Vittorio Sartogo (Coordinamento associazioni del Lazio per la mobilità alternativa), Gaia Pallottini (Comitato cittadini del Centro Storico).In conclusione, c’è l’esigenza comune per interventi immediati sul Flaminio, mentre ci sono ulteriori sviluppi per lo stadio della Roma a Tor di Valle, messo in discussione un po’ da tutti. Infatti il 30 marzo la Giunta capitolina ha approvato una nuova Delibera in sostituzione della 132/2014, che darebbe mandato al Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica,
per cambiare le linee guida per quanto riguarda il ‘pubblico interesse’
sul progetto rinnovato. Come ipotizzato dall’avvocato Rossetti.
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