Nel manicomio generato dalle idiozie dell’amministrazione grillina a Roma a navigare controvento è da sempre Marcello De Vito. L’avvocato vicino a Roberta Lombardi sembra essere l’unico ad aver compreso anzitempo la gravità della situazione e uno dei pochi ad essersi mosso con capacità politiche nel caos generato dalle scelte folli della prima cittadina. E infatti proprio su Marcello De Vito si concentrano i molti tentativi di dossieraggio di queste ore. Uno, in particolare, fino a ieri voleva incolpare il presidente dell’Assemblea Capitolina dell’entrata di Marra nel Campidoglio grillino. Tutto parte da una frase riportata dalla Raggi, nella quale la sindaca afferma che Marra non era una sua scelta ma le fu portato da qualcun altro. Chi? Ma proprio De Vito, dicevano le voci del Campidoglio. In realtà è una balla visto che è Daniele Frongia il primo sponsor di Raffaele Marra presso Virginia Raggi.
E così ieri De Vito, senza incolpare altri a differenza di chi cerca di utilizzare i giornali come buchi delle lettere per le proprie miserabili battaglie politiche (perse definitivamente, tra l’altro), ha dovuto smentire la bufala su Facebook, incidentalmente citando proprio Frongia:
Per quanto riguarda Marra, lo vidi una sola volta nel 2013, allorché lui era capo dipartimento delle società partecipate in Campidoglio ed io capogruppo M5S, alla presenza di Daniele Frongia (allora Presidente Commissione spending review) e di Salvatore Romeo (allora posizione organizzativa nel dipartimento). Si trattava di uno dei tantissimi incontri che come portavoce M5S tenevamo con alcuni funzionari e dirigenti di Roma Capitale per conoscere più a fondo la macchina amministrativa.C’è da ricordare che questa non è la prima volta in cui De Vito è vittima di dossieraggio. Un’altra occasione venne rivelata il primo luglio scorso dal Fatto Quotidiano in un articolo a firma di Marco Lillo: De Vito “è stato vittima tra dicembre e gennaio scorso, di una campagna orchestrata dai tre ex consiglieri, per farlo fuori”. Una vicenda “non confermata dai diretti interessati”.
Solo in quella occasione, dunque, e in nessun’altra vidi Raffaele Marra, salvo poi incontrarlo di nuovo all’inizio della consiliatura, poiché incaricato dalla sindaca Virginia Raggi come vice capo di gabinetto. Di certo non l’ho mai presentato a nessuno e mi riservo ogni azione in sede legale verso chi scriverà il contrario.
Ma “ricostruita con la testimonianza sotto garanzia di anonimato di chi ha vissuto indirettamente quel momento e ha accettato di mostrare mail e sms”.
Tutto partiva da un accesso agli atti effettuato dal consigliere il 19 marzo del 2015: si avvale del potere concesso per legge ai consiglieri comunali per ottenere dagli uffici del comune notizie e informazioni riguardo una pratica di sanatoria edilizia su un seminterrato di un cittadino di nome F. B. al quartiere Aurelio.
Il 28 dicembre del 2015 i tre consiglieri Virginia Raggi, Daniele Frongia ed Enrico Stefàno organizzano una riunione con i consiglieri municipali in assenza di De Vito e lì lo accusano di aver compiuto “una serie di atti contrari alla buona amministrazione e un reato”.
Chi ha vissuto indirettamente quel momento ha accettato di parlare con il Fatto e mostrare mail e sms. “I tre ex consiglieri –secondo quanto De Vito dirà ai suoi amici – affermavano che avrebbe compiuto il reato di abuso di ufficio in relazione ad una richiesta di accesso agli atti”. “Indubbiamente la cosa – secondo quanto de Vito confidava allora ai suoi amici – produceva l’esito sperato, molti consiglieri municipali si convincevano delle accuse e l’accusato non aveva modo di palesarne la totale falsità”.
L’House of Cards all’amatriciana prosegue a gennaio, quando Frongia ha invitato De Vito a spiegare di nuovo la situazione; la riunione viene convocata il 18, davanti a una trentina di consiglieri municipali e regionali. Lì la polemica ufficialmente si chiude, anche se – racconta sempre Lillo – Paolo Taverna in una mail partita per sbaglio definisce quanto accaduto “uno squallido tribunale speciale”. Bella storia, vero?
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