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Il Tmb Salario gestiva circa 600 tonnellate di spazzatura al giorno: un
quinto della produzione giornaliera di rifiuti della Capitale. E ora?
Roma non ha pace per la questione rifiuti. È l'11 dicembre 2018 quando un incendio divampa nello stabilimento di trattamento dei rifiuti in via Salaria 981, alla periferia nord-orientale di Roma. Un impianto, quello di trattamento meccanico-biologico (Tmb), da anni contestato dagli abitanti delle zone vicine, a partire dall'odore che avvolgeva l'intera area.
Dall'impianto gestito dall'azienda dei rifiuti romana, l'Ama, quel giorno si alza una nube visibile da tutta la città. «Nessuna informazione ufficiale ci è stata data dal Campidoglio sulle emissioni di diossina e di benzopireni, nessuna informazione sulla gestione del sito», denunciano i cittadini. Dal Campidoglio fanno sapere di aver seguito tutte le procedure del caso.
Il Tmb Salario gestiva circa 600 tonnellate di spazzatura al giorno: un quinto della produzione giornaliera di rifiuti della Capitale.
E ora? «Sono in corso le attività di rimozione dei rifiuti rimasti dopo l'incendio dell'11 dicembre», spiega a Open il presidente del municipio III di Roma, Giovanni Caudo, al termine di un sopralluogo all'interno dell'impianto insieme alla sua giunta. Sono le prime immagini dall'interno dopo l'incendio.
«La maggior parte dei rifiuti sono stati allontanati. C'è una piccola
quantità sequestrata dalla magistratura, ma si tratta di residui»,
spiega Caudo. «C'è una parte di Cdr - Combustibile da rifiuto - che
proprio oggi stanno rimuovendo. La parte più consistente è costituita
dalle quasi 5mila tonnellate di Fos - Frazione organica stabilizzata. Da
qualche settimana hanno ricominciato a lavorare quella che era rimasta,
poi finiranno il ciclo e la porteranno altrove».
Insomma, l'impianto è quasi fermo. «Escono rifiuti, per essere
portati via. Ed entrano piccoli camion solo per trasferire spazzatura in
mezzi più grandi», dice Caudo. E i rifiuti che venivano trattati qui?
«Si sono trovate altre soluzioni, a dimostrazione del fatto che questo
impianto poteva essere chiuso già da tempo per la sua criticità: così
vicino alle abitazioni, a una scuola, ai cittadini.
Roma continua a soffrire a causa dei rifiuti e di una raccolta che
funziona a singhiozzi, mentre in questi giorni in Campidoglio è lotta
sull'approvazione del bilancio dell'azienda.
Una lotta che vede
schierate due anime opposte ma sempre interne alla maggioranza
costituita dal Movimento 5 Stelle.
Mentre i cittadini dell'area intorno
al Tmb, che in otto anni di lotta contro l'impianto hanno costituito l'Osservatorio Permanente sul Tmb Salario,
continuano a temerne la riapertura. Perché è vero che è quasi fermo, ma
resta un impianto autorizzato e potenzialmente recuperabile.
«Chiediamo alla sindaca Virginia Raggi un atto ufficiale per la
chiusura dell’impianto Ama Salario e l’impegno che nella struttura non
vengano più trattati o stoccati rifiuti», si legge nella Relazione
presentata a gennaio dall'Osservatorio alla Commissione Parlamentare
di Inchiesta sulle Attività Illecite Connesse al Ciclo dei Rifiuti e
su Illeciti Ambientali a esse correlati.
«Chiediamo ad Ama di togliere dal piano industriale il sito di via
Salaria 981 e di richiedere la revoca dell’autorizzazione in essere e
alla Regione Lazio di revocare l’Aia, l'autorizzazione integrata
ambientale». I cittadini chiedono anche una «cabina di crisi che
programmi e gestisca le fasi della chiusura, che avvii la bonifica e
metta in sicurezza il sito, e al Comune e all'Ama la riconversione
dell’intero stabilimento in uffici, attraverso un percorso partecipato
con i cittadini».
I dirigenti «oggi ci hanno assicurato che quelle in corso sono
attività che non sono propedeutiche alla ripresa della messa in funzione
dell'impianto», dice il presidente del III Municipio. Solo che
chiediamo al Comune di Roma una parola chiara». Risposte? «Per ora
silenzio».
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