COMUNICATO STAMPA del 9 maggio 2018
Ieri
da Lussemburgo abbiamo riportato con grande soddisfazione la sentenza
della Corte di giustizia europea che condanna il governo italiano sul
Decreto attuativo dello Sblocca Italia del 10 agosto 2016 e sul
Piano nazionale di incenerimento per inadempienza palese alla direttiva
2001/42/CE non avendolo sottoposto a Valutazione ambientale strategica.
Tale
Piano prevedeva il potenziamento dei 40 impianti esistenti e la
costruzione di otto nuovi inceneritori con una folle previsione di
aumento dai 6,2 Milioni di tonnellate annue attualmente incenerite di
ulteriori 2,8 milioni di tonnellate annue. Inoltre prevedendo anche
l'annullamento dei bacini regionali di conferimento degli inceneritori,
di fatto tale decreto legge del governo Renzi ha favorito gli interessi
degli inceneritori esistenti nel centro-nord stabilendo oltre al
potenziamento anche la priorità nel trattamento di enormi quantità di
rifiuti urbani dal centro-sud a scapito delle aziende che conferivano i
rifiuti speciali prodotti al nord.
Tutto
ciò ha prodotto un ulteriore impatto ambientale, con un annesso aumento
medio di circa il 30% delle emissioni di polveri sottili e composti
tossici proprio nel bacino della pianura padana che risulta già da tempo
il territorio con l'aria più inquinata in europa.
Nel
nostro ricorso avevamo chiesto infatti al TAR Lazio il rinvio alla
Corte di giustizia europea per motivato contrasto tra le norme contenute
rispetto all’articolo 35 - Piano nazionale di inceneritori - nel
decreto legge Sblocca Italia e nel successivo Decreto attuativo e la
Direttiva europea 98/2008/CE su due punti fondamentali:
1) stabilire che i quaranta inceneritori esistenti e nuovi da realizzare non siano più definiti quali “infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale ai fini della tutela della salute e dell’ambiente”,
ponendo al primo posto una tecnologia obsoleta e nociva da rifiuti
indifferenziati che alimenta anche le discariche, non avendo programmato
nulla rispetto agli impianti sostenibili per il riciclaggio ed il
recupero di materia.
Su questo punto la Corte ha ritenuto di ammettere anche un "margine di discrezionalità" ai singoli Stati ma a patto che queste diverse opzioni garantiscano che "non danneggino la salute umana e non arrechino pregiudizio all'ambiente".
Tali circostanze appaiono decisamente irrealistiche dato che l'articolo
35 aumenta la quantità di rifiuti inceneriti da 6,2 Milioni/tonn/anno
attuali ai circa 9,0 Milioni/tonn/anno, con il conseguente aumento del
50% di emissioni di polveri sottili e composti tossici come
diossine-furani-metalli pesanti. Ma nel dispositivo della sentenza la
Corte afferma che "la qualifica degli impianti di incenerimento dei
rifiuti come infrastrutture e insediamenti strategici di preminente
interesse nazionale NON OSTA ad una normativa nazionale, PURCHE' tale
normativa sia compatibile con le altre disposizioni della Direttiva
98/2008/CE che prevedono obblighi più specifici"
2) stabilire che il Decreto attuativo che
contiene il previsto aumento delle emissioni di polveri e diossine
dovute al “potenziamento al massimo carico termico” dei quaranta
inceneritori esistenti al centro nord (quantificato in circa un milione
di tonnellate annue incenerite) e la costruzione di otto nuovi inceneritori al centro sud con annessa ubicazione e capacità in ogni regione (quantificati in circa altri 2,5 milioni di tonnellate annue incenerite) debba essere considerato un piano / programma nazionale da sottoporre a Valutazione Ambientale Strategica preventiva.
Su questo punto la Corte ha chiaramente sentenziato a nostro favore dichiarando che "una
normativa nazionale, come quella di cui trattasi, costituita da una
normativa di base e da una normativa di esecuzione, che determina in
aumento la capacità degli impianti di incenerimento dei rifiuti
esistenti e che prevede la realizzazione di nuovi impianti di tale
natura rientra nella nozione di piani o programmi e DEVE di conseguenza essere soggetta a valutazione ambientale preventiva".
Ora
il TAR Lazio dovrà emettere la sentenza finale, annullando il Decreto
attuativo del 10 agosto 2016 in recepimento di quanto dichiarato dalla
Corte di giustizia europea e magari precisando anche meglio in merito ai
primi due quesiti sulla "preminenza degli inceneritori sul riciclaggio e
recupero di materia" in base alle valutazioni che l'incenerimento
incide pesantemente sugli obblighi derivati dalla protezione della
salute umana e dell'ambiente.
Finalmente
siamo riusciti a rimuovere il principale ostacolo al dispiegarsi sia
in Italia che in Europa di una vera “economia circolare” basata sul
“riuso-riciclo-recupero di materia”, dato che l’incenerimento distrugge
materia per recuperare una bassa quantità di energia, pagata salatissima
dagli incentivi pubblici del GSE, al contrario di quanto affermano sia
necessario fare già da oggi le quattro nuove Direttive europee
sull’economia circolare, in particolare la 851/2018/CE, di cui chiediamo
che il governo italiano acceleri urgentemente il suo recepimento.
Ma
riteniamo che ora sia il GOVERNO ed il PARLAMENTO che ora debbano fare
un passo avanti dal punto di vista legislativo, dato che il ministro
Sergio Costa aveva inaspettatamente ribadito a luglio scorso la validità
di questa legge, mettendo mano alla revisione generale del T.U.
152/2006 su questi punti e su quanto contenuto nella proposta di legge
di iniziativa popolare "Legge Rifiuti Zero" depositata nel 2013 e
ripresa nel 2018 ma tuttora ferma alla commissione ambiente alla
Camera.
Roma 9 maggio 2019
Movimento Legge Rifiuti Zero per l’economia circolare
Questo il link della sentenza dell' 8 maggio della Corte europea di giustizia
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