UNA DELLE ULTIME LETTERE SCRITTE DAL NOSTRO AMATO PARROCO DON LUIGINO PIZZO, IL 16 OTTOBRE 2008, QUALCHE GIORNO PRIMADI LASCIARCI.
“Il contatto con i malati è veramente qualcosa di straordinario, che ti ricostruisce dentro. Questa è almeno la mia esperienza dopo trent’anni di sacerdozio. (…) Ancor più oggi, che mi trovo anch’io a vivere la malattia in prima persona, dalla parte del malato, sto scoprendo l’azione straordinaria della Grazia di Dio nei momenti di dolore e di prova. Intendiamoci: la sofferenza non ha nulla di poetico o di nobile. È dura e difficile. Per tutti. Non consiglio ai miei confratelli di offrire ai malati profonde meditazioni sul dolore. Meglio tacere o al massimo lasciar parlare brevemente il Vangelo di Gesù. Piuttosto siamo noi a dover imparare da chi soffre. Osservare, ascoltare, capire, condividere, com-patire. (…) La sofferenza è una grande scuola, non di rassegnazione, ma di speranza. Innanzitutto di quella speranza soprannaturale, virtù teologale, che ci spinge a guardare verso il cielo, verso il nostro traguardo ultimo e a misurare le cose di questo mondo in riferimento a quello. Ma poi anche di quella speranza quotidiana e semplice che ci fa scoprire con gioia la solidarietà degli altri, un po’ di umanità, un po’ di attenzione e di rispetto, merci che sembrerebbero tanto rare oggi”. (Mons. Luigino Pizzo, articolo scritto per RomaSette.it, il 21 maggio 2008).
“Il Signore mi ha concesso tutti i doni che gli ho chiesto: poter andare in Bolivia a salutare le mie bambine, poter andare in Terra Santa con il pellegrinaggio parrocchiale. Sono stato benissimo! Non ho più niente da chiedere. Ora posso andare in pace. (…) Perché il mio cuore è in Paradiso! Il mio corpo è spezzato, ma il cuore è in festa e canta! Il Signore non mi ha mai fatto provare gioie così grandi come in questi giorni. Ora c’è tutto: Roma, Bolivia, confratelli sacerdoti, suore, figli spirituali, un mare di amici. Ci siete tutti! (…) Ho capito finalmente perché siamo tutti missionari: perché la missione è solo due cose: annunciare il vangelo di Gesù (anzi, cantarlo!) e dare la vita”.
“Il Signore mi ha concesso tutti i doni che gli ho chiesto: poter andare in Bolivia a salutare le mie bambine, poter andare in Terra Santa con il pellegrinaggio parrocchiale. Sono stato benissimo! Non ho più niente da chiedere. Ora posso andare in pace. (…) Perché il mio cuore è in Paradiso! Il mio corpo è spezzato, ma il cuore è in festa e canta! Il Signore non mi ha mai fatto provare gioie così grandi come in questi giorni. Ora c’è tutto: Roma, Bolivia, confratelli sacerdoti, suore, figli spirituali, un mare di amici. Ci siete tutti! (…) Ho capito finalmente perché siamo tutti missionari: perché la missione è solo due cose: annunciare il vangelo di Gesù (anzi, cantarlo!) e dare la vita”.
(Mons. Luigino Pizzo, Lettera testimonianza per la Veglia Missionaria della Diocesi di Roma, 16 ottobre 2008).