Nel III Municipio si scava, si richiude e si scava ancora. Ma non è la vulgata popolare sulla teoria di Keynes, ma scavi archeologici per nuove costruzioni. Come i 270 appartamenti previsti del “Progetto Casa” dell’Aeronautica Militare, nel «nuovo modello di riferimento per la costruzione di opere per la Difesa». Ma con migliaia di case invendute in tutta Roma, tutto questo, a chi giova?
(editoriale del direttore responsabile a fine articolo)
di Maurizio Ceccaioni
Se
non di contrarietà, si può parlare di pura diffidenza, ascoltando i
mugugni della gente, in una domenica di agosto nel centro commerciale
Porta di Roma, davanti a quei bellissimi, anonimi mosaici di una villa
romana portata alla luce durante gli scavi e poi sommersa dal cemento.
Specie se sul muretto che delimita quei pochi resti di storia cancellata
dalla modernità, capita di imbattersi nei discorsi sui “massimi
sistemi”, di cui il popolo italiano è maestro. Ma vi sono anche storie che non possono restare inascoltate alle orecchie del cronista.
Come quella trattata da alcuni pensionati: gli scavi archeologici per le case dell’Aeronautica.
Forse
qualche ragione per essere arrabbiati l’avevano. Perché siamo nel III
Municipio di Roma (ex IV), il più popoloso della capitale, dove negli
ultimi 15 anni si è riversato qualche milione di metri cubi di cemento,
con molte case ancora invendute, spesso frutto di piani di edificazione
previsti da altre parti poi dirottati proprio nel Municipio Monte
Sacro. Come quelle del gruppo Caltagirone su via Di Mitri (dall’ex
municipio VI) o le decine di “torri” del gruppo Mezzaroma a Talenti
(compensazione del Borghetto Casilino).
Tutte
uguali e attorniate da altre recinzioni in lamiera e cumuli di terra
fresca: futuro cemento che andrà a ridurre quegli iniziali 170 ettari
destinati a verde pubblico, dei 332 del «Progetto urbano Bufalotta».
Se
nella convenzione firmata a gennaio 2001 fra la Società Porta di Roma
Srl, Comune di Roma, Regione Lazio e Anas, per “aree libere” si poteva
intendere “verde pubblico attrezzato e servizi” (vedi pianta progetto
Porta di Roma), verso la seconda metà del 2012, qualcosa cambiò, come il
coniglio estratto dal cilindro dell’illusionista.
Ma
a cambiare non era solo la destinazione d’uso della “Torre di Roma”,
quell’albergo nato a ridosso di Porta di Roma e oggi messo in vendita
come appartamenti privati dalla società Altavista Re. Con la pubblicazione sul sito dell’assessorato all’Urbanistica del Comune di Roma del documento intitolato "Un nuovo modello di riferimento per la costruzione di opere per la Difesa" nel Parco delle Sabine, la storia diventa intrigante, perché niente farebbe pensare a delle case.
Ironizzando, ci si potrebbe domandare:
«Conterrà forse le mappe per la dislocazione segreta degli F35 che ci
accingiamo a comprare per svariati miliardi di spesa?» Oppure: «Ci
faranno una base di missili “Patriot” contro le invasioni aliene?».
Nulla
di tutto questo, perché in un paese di creativi, il dubbio è presto
risolto e a un occhio attento e un po’ diffidente, basta poco per capire
l’escamotage usato: l'articolo 84 delle Norme
Tecniche di Attuazione del Prg del 2003, che spiega come in aree di
questo tipo, ci si possono fare anche insediamenti militari.
Sì,
avete capito bene: insediamenti militari che nell’immaginario
collettivo fanno pensare alla Cecchignola o Forte Braschi. Invece questo
“nuovo modello” significa 270 appartamenti, alloggi di servizio ad uso del personale dell’Aeronautica Militare, con 15 palazzine di 4 piani ognuna e servizi vari.
Eppure l’area doveva servire per «attrezzature di livello urbano,
ovvero finalità di interesse pubblico», ma da quanto è dato sapere,
l’area avrà l’accesso interdetto ai comuni cittadini, trattandosi di
“insediamento militare”.
Se
dall’assessorato confermano che per loro l’opera è di interesse
pubblico, a guardare meglio i documenti presentati dai proprietari del
terreno, a parte le grossolane manipolazioni sulle mappe (appaiono
diverse da quelle base della Centralità Bufalotta), si capisce che da
tempo tutti sapevano, dato che quanto presentato risponde al
bando del “Progetto Casa” lanciato dall’Aeronautica Militare per
«verificare la possibilità di far acquistare al personale militare
immobili privati, nelle vicinanze delle sedi di servizio, ad un prezzo
più vantaggioso rispetto a quelli di mercato».
E
i proprietari dei terreni, che potrebbero essere proprio il duo Toti-
Parnasi (attivissimo a Porta di Roma), ha casualmente colto la palla al
balzo, con un iter che ha avuto una rapidità insolita, quasi quanto
quella messa nel richiudere gli scavi archeologici e rimuovere le
recinzioni di cantiere dopo l’allarme lanciato dai cittadini. Un’ipotesi
avvalorata dai residenti e da chi stava scavando nei giorni scorsi.
«Arriva
in ritardo» fa Carlo, un signore che porta a spasso il cane. «L’ho
vista fotografare l’area, ma ormai hanno chiuso tutto con le ruspe».
Chiedo
se è quella delle case dell’aeronautica: «Sì. Fino a pochi giorni fa
era tutto uno scavo a scacchiera e qui – indica un luogo vicino al
palazzo bianco che si affaccia sull’area - hanno trovato una villa
romana ma l’hanno subito ricoperta». Se le tracce del lavoro appena
terminato sono ben visibili, altrettanto non lo è il cartello di
cantiere sul container lungo strada.
Guardi
l’area di fronte all’inserimento dell’A1 sul Gra e pensi che dalle
immagini nel progetto presentato, quella valletta con la terra fresca
degli scavi, un domani sarà sommersa dal terreno di risulta (vedi foto a
inizio articolo).
C’è
tanta la diffidenza verso il “potere”, anche in quei cittadini stanchi
dei continui “cambi di destinazione d’uso” dopo l’approvazione, della
delibera 218/07 per “Centralità Bufalotta”, ulteriore sfregio a un Prg
nato già morto e “forzata” dagli allora assessori comunali Claudio
Minelli (Casa) e Roberto Morassut (Urbanistica), ma osteggiata da
municipio e cittadini. Gli stessi che hanno usato come amplificatore la
stampa locale, le associazioni e i comitati di quartiere come il Cdq
Serpentara, molto attivo nel III Municipio nel portare avanti battaglie
per la difesa dell’ambiente, del territorio e della legalità.
Un
comitato che, rifacendosi al “processo partecipativo” previsto dalla
delibera del comunale 57/06, aveva sollevato più di qualche dubbio su
tutto il progetto presentato, avvalorato dalle documentazioni presentate
da alcuni suoi membri. Tanti cittadini trasformati in “Sherlock Holmes”
dell’urbanistica, per documentare in rete quello che accade, cercando
di fermare quella “discreta” Cecchignola dell’aviazione.
La
domanda allora sorge spontanea: ma con tanti appartamenti invenduti,
non si potevano reperire sul mercato queste abitazioni, invece di fare
l’ennesima forzatura dei potenti di turno?
Maurizio Ceccaioni
Difesa, l'incertezza dell'abitare. Pasticci di casa nostra
di Giuseppe Grifeo
È
una vicenda singolare questa del fabbisogno di alloggi da parte della
Difesa, al centro di parecchi miei articoli sul quotidiano Il Tempo dal
2003 a oggi.
Da anni il problema vede contrapposti gli stati maggiori dei corpi militari da una parte e gli utenti delle case della Difesa dall'altra (una volta considerati “sine titulo”, termine poi bocciato dalla Corte dei Conti) pensionati militari o ancora in servizio o vedove di militari che, anche da 40 anni, pagano affitti maggiorati (sempre comunque più bassi del comune mercato) di cui una parte doveva essere destinata a un fondo per costruire nuove case (o per ristrutturare quelle esistenti abbandonate o per accendere mutui in favore di giovani militari). Questo fondo è risultato sempre vuoto. Sottolineo che la larghissima maggioranza degli affittuari è a bassissimo reddito, non è fatta da alti graduati in pensione.
Il ministero spesso si è trovato fra opposte spinte e per decenni non ha mai posto riparo alla questione.
Qual è il nocciolo della vicenda?
«Un
fabbisogno di 50.600 immobili quantificato dalla Difesa, mentre si fa
la guerra contro 3.200 “sine titulo” dicendo ai militari in servizio che
sono senza casa perché è colpa di questi che non se ne vanno da case
che “occupano” (invece pagano affitti regolati da precisi articoli di
Legge)». Queste le parole dell'onorevole Francesco Bosi dell'allora Udcptp, pronunciate l'anno scorso, a ottobre, nell'Aula dei gruppi parlamentari della Camera dei Deputati, quando la vicenda esplose in tutta la sua evidenza. Avvenne durante l'evento organizzato da Casadiritto, associazione dei residenti del demanio militare guidata da Sergio Boncioli e dal Giornale dei Militari.
Parteciparono rappresentanze varie da tutta Italia, insieme ad alcuni
osservatori dello Stato Maggiore e a rappresentanti del Cocer, il
COnsiglio CEntrale di Rappresentanza, l'organo/sindacato nazionale e
interforze che rappresenta il personale dell'Esercito, della Marina,
dell'Aeronautica, dell'Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza.
Insieme a loro alcuni onorevoli dell'epoca.
«Cinque
anni fa si disse che le forze armate avevano bisogno di 50.600 alloggi,
eppure non s'è costruito nulla, non è stata tirata su nemmeno una
pietra - disse il tenente colonnello Botacchiari, vicepresidente del Consiglio centrale di rappresentanza dell'aviazione militare/Cocer
– E dove sono finiti i 50 milioni del Fondo Casa istituzionalizzato nel
1994, fondo che doveva servire anche per dare case ai militari in
servizio?».
Pasticcio sul patrimonio immobiliare della Difesa come allo stesso evento evidenziò l'allora senatrice ApI-Fli Maria Ida Germontani che pose l'accento sulla confusione
anche perché, prendendo in considerazione solo le vendite degli
immobili da alienare, non si è potuto procedere perché sussistono
situazioni paradossali, «come la sola situazione alla Cecchignola, dove
metà degli edifici non sono accatastati».
Quindi,
lotte contro uno sparuto drappello di affittuari quasi a giustificare
un blocco all'edificazione di case che invece servirebbero, un
pastrocchio di tantissimi immobili non accatastati e, aggiungerei, anche
le oltre 4.000 abitazioni vuote perché da ristrutturare... Sì ci sono pure queste.
E adesso si voglio fare tante belle case nuove a Monte Sacro? Ma ce bisogno di farne così tante e per la sola Aviazione?
C'è già tanto posto per i militari in servizio, basterebbe intanto rimettere in servizio i tanti
appartamenti vuoti perché da ristrutturare: nella sola Capitale sono
circa 600. Poi ce ne sono tantissimi altri vuoti e non necessitano di
riparazioni.
Infine,
se dal 1994 la Difesa non ha messo da parte nulla di quei 50 milioni
estrapolati dagli affitti degli attuali utenti per l'istituzionalizzato
Fondo Casa... che provveda. Magari con un bel risparmio tagliando
l'acquisto dei nuovi caccia F-35, non solo sospendendolo.
Potrebbe aiutare.
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