venerdì 23 febbraio 2018

Ripubblichiamo un interessante contributo di storia dell'area di Montesacro di Luigi Cherugini, già pubblicato nel 2010

Ripubblichiamo un interessante contributo di storia dell'area di Montesacro di Luigi Cherugini, già pubblicato nel 2010.
LINK: http://tg-talenti.blogspot.it/2010/12/una-controstoria-del-nostro-montesacro.html
Storia segreta di Montesacro - di Luigi Cherubini

EPOCA ROMANA
Se si escludono un paio di mummie di uomo di Neandarthal rinvenute in un prato nell’ansa dell’Aniene detto “il Sacco del Pastore”, la storia del quartiere inizia nel 494 a C. quando la Plebe, oppressa dal patriziato si ritira proprio sul “Monte Sacro”, una collinetta appartata dalla città posta al di là dell’Aniene (dove si trova l’odierna Città-Giardino)… E sembrava che più non dovesse tornare se l’oratore Menemio Agrippa non l’avesse convinta a rientrare sui propri passi con l’abile apologo riportato da Livio: come in un corpo umano le braccia non possono fare a meno dello stomaco, altrimenti si indeboliscono, del cervello, del cuore e delle altre parti, così in un organismo sociale gli uni non possono fare a meno degli altri.
Quindi la Plebe, convinta a quanto pare dall’apologo (in realtà anche da qualcosa di più concreto, come l’istituzione dei tribuni della Plebe!) rinuncia alla secessione, ma ottiene per la prima volta diritti civili. Anzi, si può dire che la democrazia stessa sia nata in quella collinetta dell’Oltraniene a Montesacro, dove ora c’è un monumento romano, fuori ponte Vecchio.



L’altro monumento fuori ponte Salario (sotto la torre medioevale qui sopra rappresentata) è dedicato a Mario e ricorda la feroce guerra civile tra Mario e Silla dell’82 a C. : quest’ultimo, rappresentante del patriziato, butta le ceneri del suo rivale (esponente dei democratici) sull’Aniene.
Su questa collina dell’Oltraniene ci sono le ville di Seneca, Ovidio, Marziale e … di Faonte, liberto di Nerone. Si torna infatti a parlare di questo luogo, sempre come estremo “rifugio” suburbano, quando Nerone vi cerca un precario riparo nell’ultima fuga. Sono ricostruiti dallo storico Svetonio quegli ultimi convulsi momenti. Nerone ormai disperato, abbandonato da tutti, tenta di rifugiarsi nella villa del fedele Faonte lungo la via Patinaria (un diverticolo della Nomentana che coincide con l’odierna via delle Vigne Nuove)… Con lui pochi fedelissimi, tra cui il favorito Sporo, un bellissimo fanciullo che Nerone ha sposato in abito bianco da sposa, dopo averlo reso eunuco al termine di una farsesca cerimonia…
Nella sua affannosa e sfortunata fuga sulla Nomentana, a Nerone si impenna il cavallo alla vista di un cadavere, gli cade la benda che lo cela e viene riconosciuto da qualcuno… Su di lui piomba una gragnola di maledizioni … Alla fine arrivano alla villa a piedi, impolverati e sudati (i cavalli li lasciano in disparte, per prudenza) ma Nerone non riesce nemmeno a prendere un po’ di riposo… Viene individuato e raggiunto dai Pretoriani ed è costretto a darsi la morte cacciandosi un pugnale in gola. E’ l’otto giugno del 68 dopo Cristo.
A parte questa erano numerose altre le ricche ville d'epoca romana nell'area oggi corrispondente a Montesacro.



TARDA ANTICHITA', ALTOMEDIOEVO, E MEDIOEVO

In epoca tardoantica inizia l'abbandono di parte delle ville romane esistenti, come è stato documentato dagli scavi archeologici, e dell'area torna a parlarsi all’epoca della guerra Gotica (535-553), data la sua importanza strategica per i collegamenti di Roma, in quanto qui l'Aniene costituiva con il Tevere una sorta di barriera naturale, di protezione supplementare per chi da Nord-Est arrivava a Roma,c ge era protetta dalla cinta delle Mura Aureliane.
I ponti sull’Aniene, da ponte Salario a ponte Nomentano fino a ponte Mammolo, furono quindi in quest'epoca importanti punti strategici.



Può sembrare curioso che il vincitore del lungo e spossante braccio di ferro tra Goti e Bizantini per il controllo dell’Italia sia stato il generale bizantino Narsete, che era un eunuco inviato a Roma da Costantinopoli dall’imperatore d’Oriente, se non si considera che questi schiavi riuscivano ad affrancarsi e imporsi nella corte bizantina con doti di astuzia e di ingegno fuori dal comune.
Sua è la ricostruzione dei ponti sull’Aniene distrutti dai barbari, su uno dei qualii, ponte Salario, appose una lunga epigrafe in greco e in latino, in cui rivendicava a se la ricostruzione del ponte nell’anno 565, la cacciata da Roma dei barbari da Roma e del “nefandissimo tiranno”, l'ultimo re goto Totila…
Peccato che il parapetto del ponte con la lunga iscrizione in latino (un vero e proprio panegirico) sia stata gettata nell’ Aniene dalle truppe napoleoniche e da allora non sia stata mai più ritrovata. E chissà se il fiume, ancora non la nasconda nelle sue acque limacciose!
Niccolò V per il Giubileo del 1450 ripara ponte Nomentano e sulla faccia del ponte che guarda Roma appone anche lui un piccolo stemma dal “logo” inconfondibile, le chiavi di San Pietro, la tiara papale e sotto la sua firma abbreviata “N Papa V” (tradotto dai begli spiriti anti-clericali dell’Ottocento con un disinvolto “Nessun papa vogliamo”)…
Dobbiamo immaginare questo ponte, fortificato da due torri merlate unite da ballatoi, ancor oggi uno dei più belli di Roma, inserito in una complessa scacchiera di luoghi fortificati, ponti, torri e castelli a controllo del territorio: a monte il castelletto di Casal dei Pazzi e, sempre lungo l’asse della Nomentana, la vedetta del Torraccio Spuntapiedi, una tomba romana trasformata in torre. Verso la Salaria la medioevale Tor San Giovanni e la torre e il casale della Marcigliana, poi tornando verso Roma, Castel Giubileo isolato dall’ansa del Tevere, quindi la torre del ponte Salario.
PAPI E RE
Al cessare delle lotte feudali e baronali, ripreso il papato il controllo dello Stato, diventate le torri pacifiche osterie e i castelli semplici casali agricoli, il territorio compreso tra Tevere e Aniene è chiamato “Isola” nella mappa di Eufrosino della Volpaia (!547), per rimarcarne l’isolamento da Roma, un’isola boscosa, particolarmente adatta alla caccia.
E proprio all’Osteria dei Cacciatori (oggi ristorante Ponte Vecchio) appena fuori ponte Nomentano, il 15 agosto 1805 arriva Simon Bolivar a pronunciare il suo famoso brindisi-giuramento. Ispirato dall’episodio della plebe a Montesacro, Bolivar (complice magari un buon bicchiere di “bianco” dei Castelli) giura infatti di liberare per sempre la patria sudamericana, la Colombia e il Venezuela, dall’oppressione spagnola. E mantiene la parola.
I principi Torlonia si servono dell’Aniene, un tempo navigabile, per trasportarvi nel 1842 un obelisco destinato alla loro villa Nomentana, che viene scaricato da un barcone all’ansa del Sacco Pastore. Intanto i garibaldini (che vogliono liberare Roma dal potere temporale papale) sono sconfitti dai francesi a Mentana nel 1867, ma pochi anni dopo, il 20 settembre 1870, i bersaglieri di Cadorna entrano in città proprio da Porta Pia. Come quartier generale Cadorna sceglie Casal dei pazzi, forse consigliato da Massimo d’Azeglio che ci andava a pranzo… La Nomentana non è dimenticata dal nuovo stato italiano ma diventa (almeno fino a Sant’Agnese) una sorta di boulevard parigino, con doppio filare di platani, praticamente la via più elegante della nuova capitale italiana! E nella zona tra Vigne Nuove e la Marcigliana dove ora c’è il centro commerciale “Porta di Roma” viene istituita -ironia della sorte!- una “riserva di caccia reale”, dove il re cacciatore Vittorio Emanuele II si dedica all’arte venatoria.

L’ETA’ MODERNA

Fino a questo momento Montesacro è rimasta la bucolica campagna amata dai pittori della campagna romana, alla ricerca dei suoi aspetti più pittoreschi e dai primi fotografi, specie nei pressi del vecchio ponte medioevale. La sue storia moderna comincia con la costruzione di ponte Tazio nel 1928 e la nascita di “Città Giardino” su disegno sinuoso del Giovannoni a seguire l’andamento altimetrico del colle. Quanto ai villini, un po’ bruttini (ora in gran parte rimpiazzati da palazzine) si dice siano stati fatti in due o tre prototipi dagli allievi dell’architetto Fasolo. Peccato che ponte Tazio, un tempo abbellito anche da quattro artistici fanali (andati perduti con l’ultima guerra) abbia le spallette tamponate da mattoni che precludono la vista del fiume e che “Sacco Pastore” sia diventato ormai un quartiere intensivo di palazzoni a nove piani, stile Tuscolano.
La strada-ponte (detta “Nomentana Nuova”) scavalca la ferrovia, la piccola pineta e il fiume e atterra a corso Sempione, abbellita dalle architetture un po’ fiabesche di Sabbatini di una stagione un po’ nostalgica del “barocchetto romano”. Poi trova la scuola elementare “Don Bosco” e infine un edificio bianco razionalista, le Poste di viale Adriatico, un tempo edificio della “gioventù italiana del littorio”…Vicino viale Kant sorge anche la curiosa villa “la Torretta” del gerarca Farinacci, che evidentemente vuole stare vicino al suo capo, Mussolini, che risiede un po’ più giù, a villa Torlonia, sempre sulla Nomentana.
Nel dopoguerra il cinema “scopre” il quartiere. De Sica ambienta da queste parti il suo film più bello e famoso, quel “Ladri di Biciclette” (1948) i cui protagonisti prendono il tram a porta Pia e abitano nelle case popolari di Val Melaina. Assai prima che arrivi Pasolini con i suoi “ragazzi di vita”, il regista Mario Castellani gira “Sotto il sole di Roma” (1948) in cui la banda di ragazzini capeggiati da un certo Ciro compie le sue scorribande lungo il fiume bagnandosi alla “Marrana”. Poi Nando Moriconi, alias Alberto Sordi, in “Un Giorno in Pretura” e in “Un Americano a Roma” di Steno (1954), si esibisce in impeccabili tuffi alla “Marrana”. E questa famosa “Marrana” altro non è che l’Aniene all’altezza di via Bencivenga!
Nel 1966 l’Acea costruisce alla Bufalotta un centro idrico che diventa il monumento moderno principale del municipio: Palpacelli realizza un serbatoio in cemento armato che è insieme architettura, scultura e tecnologia... In quegli anni a Talenti e Prati Fiscali sorgono nuovi quartieri residenziali… Non a caso Ennio Flaiano (a cui è dedicata la biblioteca del quartiere) sceneggiatore famoso e amico di Fellini, sceglie di vivere a Talenti, per godere di un po’ di tranquillità.
Una pace un po’ effimera: nel ’77 in via della Marcigliana viene sequestrato dalla “banda della Magliana” il duca Massimiliano Grazioli Lante della Rovere, proprietario della tenuta. Con quei soldi la banda conquista un ruolo di primo piano nella mala romana negli anni Settanta-Ottanta. Malgrado il pagamento di un riscatto, di lui non si seppe più nulla. (Luigi Cherubini)



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