Si ammali chi può
Il Governo
Renzisi appresta a dare il colpo
finale al Servizio Sanitario Nazionale ed in particolare,
con il nuovo decreto del ministero della salute che taglia
208 prestazioni dalla lista di esami clinici, rendendo
impossibile nei fatti (dietro un mare di assicurazioni
ipocrite) la prevenzione per tutti i malati che non hanno i
mezzi per curarsi e costringendo gli altri a rivolgersi
alla sanità privata. Un vero affare per "lor signori".
Leggete i tre articoli di Eleonora Martini, Ivan Cavicchi, Tonino Aceti. apparsi su Il Manifesto di oggi, 24-09-2015 e riportati dal sito Eddyburg all'URL
http://www.eddyburg.it/2015/09/si-ammali-chi-puo.html .
Si ammali chi può
24 Settembre 2015
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TAGLI E MULTE MEDICI IN RIVOLTA
di Eleonora Martini
La ministra della Salute Beatrice Lorenzin allunga a 208 voci la lista di esami clinici da ridurre e sottrae altri 2,3 miliardi al Servizio sanitario nazionale. L’accusa è di eccesso di prescrizioni inappropriate. In preparazione altre norme per ridurre la medicina difensiva. I sindacati: manifestazione nazionale a novembre
Messo definitivamente in soffitta l’obiettivo prioritario di prevenire le malattie che era alla base della riforma sanitaria del 1978, la ministra della Salute Beatrice Lorenzin allunga ulteriormente fino a 208 voci, rispetto alle 108 dell’agosto scorso, l’elenco degli esami clinici - da inserire in un prossimo decreto legge - che saranno coperti dal Sistema sanitario nazionale solo a determinate condizioni, prevedendo sanzioni per i medici che non rispettano i paletti imposti e perseverano invece in quell’«eccesso di prescrizioni» esploso negli ultimi anni con la cosiddetta “medicina difensiva”.
Un problema, quello dell’appropriatezza delle prescrizioni di test diagnostici (ma di abuso di farmaci non parla più nessuno) su cui tutti concordano, inclusi, con scarsa autocritica, i camici bianchi, e che comporterebbe secondo i calcoli governativi uno spreco di risorse pubbliche pari a 13 miliardi ogni anno. I medici però non ci stanno ad accettare il «metodo repressivo» che limita la loro azione «in scienza e coscienza» e «rischia di incrinare il rapporto di fiducia col paziente». Ma soprattutto, si ripercuote sulla salute pubblica, aumentando il divario tra le opportunità di accesso alle cure a seconda del censo e della regione di appartenenza.
E allora la Federazione nazionale degli Ordini dei medici annuncia già per novembre una manifestazione nazionale di tutta la categoria per «richiamare l’attenzione sulle criticità emergenti del Ssn», mentre Massimo Cozza, segretario nazionale Fp Cgil Medici chiama alla «mobilitazione unitaria con i cittadini a difesa del Ssn e contro i tagli alla sanità camuffati come mancati aumenti o risparmi annunciati da Renzi e Padoan».
Cozza spiega al manifesto: «Con quest’ultima manovra di luglio inserita nel decreto sugli enti locali, in applicazione del Patto sulla salute siglato da governo e regioni e da completare appunto con l’elenco degli esami clinici stilato dal ministero, si tagliano 2,3 miliardi alla sanità pubblica. Ma sono 30 i miliardi sottratti negli ultimi cinque anni e non reinvestiti sul Ssn». Inoltre, il provvedimento della ministra Lorenzin — che limita, per esempio, la possibilità di ripetere l’esame del colesterolo e dei trigliceridi nel sangue a una volta ogni cinque anni, a meno di particolari necessità curative — scarica sulle regioni la messa a punto del modus operandi: chi controllerà, chi dirimerà eventuali controversie tra medico e controllore, quali sanzioni per il medico e chi le infliggerà. C’è da scommettere che ogni regione si regolerà a modo suo. E così l’erogazione dei servizi, già a macchia di leopardo, diventerà talmente disomogenea da violare il diritto costituzionale sancito dall’articolo 32. In più, aggiunge Luigi Conte, segretario Fnomceo, «molti dei 208 esami indicati nel provvedimento come a rischio inappropriatezza sono desueti e già non utilizzati».
Ribatte Lorenzin: «Non c’è una caccia al medico, tutt’altro. Gli diamo gli strumenti per agire in modo più sereno. Le sanzioni amministrative sul salario accessorio scatteranno dopo un eccesso reiterato di prescrizioni inappropriate e solo dopo un contraddittorio con il medico che dovrà giustificare scientificamente le sue scelte. Se non lo farà, solo allora scatterà la sanzione». La ministra assicura inoltre che i «protocolli che stabiliscono come e quando fare gli esami sono stati decisi dalle società scientifiche e rivisti dal Consiglio superiore di sanità». E invece l’associazione dei medici dirigenti Anaao «conferma la propria totale contrarietà ad affrontare il tema dell’appropriatezza clinica per via politica e amministrativa - afferma il segretario nazionale Costantino Troise - Senza contare i veri e propri strafalcioni presenti nella parte tecnica del decreto, che la dicono lunga sulle competenze e sull’attenzione riservate alla materia».
Non sono poche invece le organizzazioni che plaudono al provvedimento considerato «utile alla lotta agli sprechi». Ma mentre i sindacati dei radiologi, per esempio, chiedono di «risolvere rapidamente la questione della responsabilità professionale», per il Codacons i medici «appaiono totalmente tutelati e possono ricorrere anche a forme particolari di assicurazione», «il problema semmai è garantire un livello di assistenza sanitaria adeguata evitando distorsioni a danno degli utenti».
L’elenco di Lorenzin comunque, secondo Massimo Cozza, «non rappresenta in alcun modo un limite alla medicina difensiva». E infatti il governo sta già lavorando, come ha ribadito ieri, ad una serie di norme da inserire nella legge di stabilità per aiutare i medici a tutelarsi dalle cause temerarie che sarebbero, secondo i sindacati, il 97% di quelle intentate da pazienti.
E ORA SCIOPERO GENERALE DELLA SANITÀ
di Ivan Cavicchi
di Ivan Cavicchi
Mobilitazione generale. Con questo decreto sulla "appropriatezza prescrittiva" si passa dalla centralità del malato a quella dei vincoli amministrativi
Il decreto messo a punto dal ministero della salute
è uno schiaffo in piena faccia alla professione medica. E’ la
riduzione della clinica a una sorta di medicina di Stato quindi di
medicina amministrata. E’ paradossalmente la negazione di una
medicina davvero adeguata verso la complessità espressa dal malato.
E’ la fine di qualsiasi retorica su umanizzazione
e personalizzazione delle cure.
Con questo decreto sulla “appropriatezza
prescrittiva” si passa dalla centralità del malato, dalla alleanza
terapeutica, dal valore della persona, alla centralità dei vincoli
amministrativi ai quali tutti gli atti medici dovranno conformarsi
pena la possibilità (fino ad ora solo dichiarata) di penalizzare
i malati e i medici con sanzioni pecuniarie. Così i medici diventano
dei dispenser burocraticamente eteroguidati, una sorta di
distributori di benzina, che prescrivono non più in scienza
e coscienza ma secondo protocolli standardizzati. Così la clinica
diventa l’esercizio di atti diagnostici e terapeutici standard,
i malati perdono la loro individualità diventando astrazioni
statistiche. Come si è arrivati a tutto questo?
Con il decreto lo Stato intende recuperare almeno
10/13 mld dalla spesa sanitaria corrente sperando di azzerare quel
fenomeno definito “medicina difensiva” per il l quale almeno l’80 %
dei medici (indagini fatte dalla categoria) adotta comportamenti
opportunisti per prevenire rischi di contenziosi legali:
prescrivono analisi, farmaci e ricoveri anche quando non servono.
Che i medici abbiano la coda di paglia lo si capisce
dalle loro dichiarazioni: da una parte stigmatizzano il decreto ma
dall’altra si dichiarano disponibili a “trattare” correggendo
singoli punti, soprattutto preoccupati di evitare le sanzioni
economiche anziché scendere in piazza per respingere questo
inusitato attacco alla loro credibilità, al loro ruolo e alla loro
autonomia.
Il decreto è il più formidabile atto di
delegittimazione della professione medica e in particolare dei
medici di medicina generale, che dalle indagini della Fnomceo,
risultano coloro che più degli altri adottano comportamenti
opportunisti, ma anche quelli che sul piano politico sindacale in
questi anni si sono opposti più degli altri a qualsiasi
ripensamento del loro status.
Questi medici preziosi e insostituibili ma anche
nel loro complesso terribilmente corporativi (a un tempo con le
libertà dei liberi professionisti e con le garanzie dei pubblici
dipendenti), con il decreto sulle prestazioni inappropriate
rischiano di diventare degli ossimori cioè dei liberi
professionisti senza autonomia, quindi dei dipendenti di fatto ma
che operano nei loro studi personali.
Nello stesso tempo è evidente che i camici bianchi
rischiano di essere maciullati dal mai risolto problema del
contenzioso legale e della responsabilità professionale.
Sorprende a questo proposito che l’Istituto superiore di sanità
abbia dato il via libera ad un provvedimento tanto discutibile
quanto rischioso anche rispetto ai suoi profili di scientificità.
Questa strana e inaspettata disponibilità da una parte spiega la
divaricazione che c’è tra la medicina accademica e la medicina in
trincea, cioè tra scienza e realtà, ma dall’altra spiega la
compiacenza di un organismo scientifico nei confronti del
ministero, che per gran parte è stato lottizzato con logiche
tutt’altro che scientifiche e che oggi di fatto copre le scelte del
ministero ma non i diritti dei malati e meno che mai un’idea
umanizzata di medicina.
E il malato? E’ l’innocente che paga i vizi e gli
errori degli altri. Egli deve avere la fortuna di rientrare dentro le
regole di Stato ma se per ragioni genetiche personali
situazionali o contingenti non vi rientra (il che è più comune di
quello che si creda) egli o non riceve le cure appropriate o per avere
cure appropriate deve pagare anche se la ragione per cui paga altro non
è che il suo diritto.
Voglio ricordare a proposito di costi privati
imposti ai malati, che nelle regioni, in particolare in Toscana,
sono in atto strategie per spingere i cittadini, soprattutto per
le prestazioni specialistiche, verso il privato. La Toscana si
è accordata con il privato per far costare le prestazioni
specialistiche meno del costo del ticket proprio per incentivare
i malati a lasciare il pubblico.
Tornando al decreto sulle prestazioni
inappropriate, la possibilità per il malato di rientrare nella
regola prescrittiva dipende in genere dal grado di singolarità
della sua malattia. Siccome l’appropriatezza prescrittiva del
ministero non è in funzione del malato ma del risparmio, è facile
prevedere che moltissimi malati saranno ingiustamente
penalizzati, cioè la medicina di Stato per essere appropriata con la
spesa sarà clinicamente inappropriata con il malato.
Mi chiedo cosa altro deve essere fatto contro i malati
e le professioni, contro l’art 32 della Costituzione, per
convincerci a dare corso ad uno sciopero generale del settore.
Ormai la sanità pubblica è bombardata da tempo da una serie di atti
controriformatori: contro il lavoro, con riordini regionali che
distruggono ogni territorialità, con liste di attesa abnormi,
servizi messi in ginocchio da anni di blocco del turn over, con
regioni manifestamente immorali e incapaci di governare e con in
più continui tagli lineari ai fabbisogni della nostra popolazione.
Naturale sarebbe dare seguito a uno sciopero
generale della sanità per bloccare la controriforma e per
ripensare il nostro sistema pubblico che ha bisogno di funzionare
meglio, costare di meno e continuare a essere solidale e universale.
RENZI TAGLIA LE PRESTAZIONI SANITARIE
PER FINANZIARE L’ABBATTIMENTO
DELLE TASSE»
Roberto Ciccarelli intervista Tonino Aceti
Roberto Ciccarelli intervista Tonino Aceti
Sanità. Intervista al portavoce del
Tribunale per i diritti del malato: «Con il decreto sull'appropriatezza
prescrittiva il governo intende reperire le risorse per il piano sulle
tasse annunciato dal Presidente del Consiglio e scarica i costi sulle
spalle dei cittadini e del Welfare». «Questo decreto è inadeguato
rispetto all’evoluzione della medicina contemporanea»
Tonino Aceti, portavoce del tribunale per i diritti
del malato-CittadinanzaAttiva, contesta l’esistenza di un’emergenza
creata dall’eccesso di prestazioni sanitarie che costerebbe allo
Stato 13 miliardi di euro all’anno. In base a questa cifra, il governo
Renzi ha deciso di tagliare 208 prescrizioni considerate «esami
inutili». «Parto da un dato incontestabile perché istituzionale –
afferma Aceti — Nel 2014 per l’Istat il 9,5% della popolazione ha
rinunciato a una prestazione sanitaria di cui aveva bisogno
a causa delle lunghe liste di attesa, dell’inefficienza
organizzativa e del costo dei ticket. Non è un fatto di poco conto:
il dato è aumentato in un anno dello 0,5%. Nel 2013 riguardava il 9%
dei cittadini. Questo allarme lanciato dalla ministra della Sanità
Lorenzin per noi è esattamente l’opposto: in Italia esiste una
difficoltà ad accedere alle prestazioni, non un loro eccesso».
Se è così perché il governo ha lanciato l’allarme?
Per fare cassa e finanziare l’abbattimento delle tasse
annunciate dal presidente del Consiglio Renzi. Il decreto
sull’appropriatezza è necessario per reperire le risorse,
scaricando i costi sulle spalle dei cittadini e del Welfare. Le
cose vanno chiamate con il loro nome: con la scusa di questo decreto
si sta attuando una revisione dei livelli essenziali di assistenza
e del paniere delle prestazioni del Sistema Sanitario nazionale.
Non crede che sia necessario migliorare l’appropriatezza delle prescrizioni?
Ma non si può aggredire questo problema con un
decreto. Il miglioramento va promosso dal Sistema sanitario
nazionale attraverso un piano strategico che preveda la
formazione del personale, l’informazione indipendente dei
professionisti, i protocolli diagnostici terapeutici
assistenziali. Quello che è certo è che non si taglia l’assistenza
come fa questo decreto. In un momento in cui aumenta la difficoltà di
accesso alla sanità, i redditi sono sotto stress per la crisi, sarebbe
necessario un sostegno al Welfare. Tra tagli alla sanità e decreti
come questo invece si diminuiscono le tutele dei cittadini e dei
pazienti.
Quali potrebbero essere le conseguenze del decreto?
Aprire un’autostrada ai privato e alle
assicurazioni sulle salute. Con 208 prescrizioni vietate potrebbe
essere lo stesso medico a consigliare al paziente di rivolgersi
a loro. Il problema è che con i redditi che diminuiscono, e con la
povertà che aumenta, aumenteranno anche le persone che scelgono di
non curarsi perché non hanno i soldi per farlo.
Qual è il criterio usato nella scelta delle prestazioni da tagliare?
Questa operazione è scollata dalla realtà
e inadeguata rispetto alle evoluzioni della medicina. Oggi si va
sempre di più verso la medicina di genere e personalizzata. Non si
capisce perché, in questo caso, il governo abbia scelto di
standardizzare le prestazioni. Ogni cittadino è diverso e ha
bisogno di prestazioni personalizzate. Questa decisione
trasformerà i medici in burocrati amministrativi che dovranno
eseguire le prestazioni nel rispetto di una tabella ministeriale.
Se non lo farà, il medico è passibile di una sanzione. Dal punto di
vista dell’etica professionale questo è gravissimo.
Come cambierà il rapporto tra il cittadino e il medico?
Si potrebbe innescare un più alto livello di
conflittualità come già accade per l’accesso a alcuni farmaci
gratuiti. Il medico si trova costretto, in alcune situazioni,
a rifiutare la prescrizione. Il cittadino non accetta le sue
motivazioni, si sente truffato e deluso dal Sistema sanitario
Nazionale che gli ciò che gli serve e lo obbliga ad andare dal
privato. Non si può escludere che la stessa cosa possa accadere con
le prescrizioni e che il cittadino agisca contro il medico.
In tribunale?
Non lo escludo. Ci si potrebbe rivolgere al giudice
per capire se il cittadino ha il diritto a una prestazione
garantita dall’ordinamento costituzionale. Questa conflittualità
potrebbe coinvolgere anche i direttori generali delle strutture
sanitarie, anche loro colpiti dalle misure previste dal decreto.
I sindacati dei medici hanno annunciato l’intenzione di fare uno sciopero. Voi cosa farete?
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