sabato 3 luglio 2010

23 GIUGNO 2010: Mario Amato, nel trentennale della morte i cittadini lo ricordano con una cerimonia

FONTE: http://www.dazebao.org/news/index.php?option=com_content&view=article&id=10801:mario-amato-nel-trentennale-della-morte-i-cittadini-lo-ricordano-con-una-cerimonia&catid=96:memoria&Itemid=296

di Valeria Nevadini ROMA - Solitudine. Basterebbe quest'unica parola a descrivere la vicenda umana e lavorativa di Mario Amato, sostituto procuratore della Repubblica di Roma, ucciso il 23 giugno del 1980 da Luigi Ciavardini e Gilberto Cavallini, terroristi di destra appartenenti ai NAR (Nuclei Armati Rivoluzionari), per conto di Giusva Fioravanti e Francesca Mambro, individuati come mandanti dell'agguato.

Proprio la solitudine e l'isolamento, infatti, avrebbero caratterizzato la sua attività di indagine sull'eversione neofascista della Capitale, delicata inchiesta ereditata dal giudice Vittorio Occorsio, ucciso nel 1976 da Pierluigi Concutelli, anche lui esponente dei NAR. Solo mentre indaga sul terrorismo nero in una procura di Roma presto ribattezzata dalla stampa il "porto delle nebbie", solo durante la mancata assegnazione di un'auto blindata, solo di fronte alla mancata promessa di un affiancamento nelle indagini. Solo quando muore, a causa di un proiettile sparato a bruciapelo, mentre attende l'autobus per andare nel suo ufficio al palazzo di Giustizia.
A trent'anni di distanza dal suo omicidio, un comitato di cittadini sorto spontaneamente per onorarne la memoria lo ha ricordato con una cerimonia pubblica e una stele realizzata dallo scultore Antonio Di Campli, finanziata dai membri del comitato con la collaborazione del comune di Ari. Presenti i familiari del magistrato, i rappresentanti delle autorità locali e delle istituzioni pubbliche, alcuni ex colleghi della Procura di Roma e il presidente dell'Associazione familiari vittime strage di Bologna del 2 agosto 1980.
"Un debito di memoria e di riconoscenza di lunga durata che con questa cerimonia intendiamo saldare - ha detto Francesco Avallone, presidente del comitato - E proprio la consapevolezza della durata di questo debito ha fatto sì - ha proseguito - che quest'evento trovasse rapida conclusione". A ricordare il giudice Mario Amato anche Giovanni Salvi, all'epoca suo collega e amico che, invece, ha parlato di un debito "solo minimamente saldato". Una morte che arriva nel momento in cui Amato "aveva intuito il mutamento che stava attraversando il terrorismo nero del quale, con Vittorio Occorsio, fu il primo a tentare una lettura globale".
In un'audizione storica davanti al CSM, ricorda Salvi, il giudice Amato aveva lasciato intendere che "la sua indagine sull'eversione nera avrebbe potuto rivelare clamorosi
sviluppi e aveva altresì individuato il metodo di azione dei terroristi e le possibili azioni per contrastarli". Sul palco anche il presidente del IV Municipio Cristiano Bonelli, che non ha potuto non sottolineare la colpevole assenza delle istituzioni durante questi trenta, lunghissimi, anni, rimarcando altresì la volontà dei cittadini di dare vita ad una doverosa commemorazione ufficiale. Particolarmente toccante la testimonianza del magistrato Santacroce, presidente della Corte d'Appello di Roma, all'epoca collega del giudice Amato e titolare di inchieste sul terrorismo di sinistra: "Un uomo schivo, che non amava la ribalta, affabile e serio, con il quale era nato istintivamente un sentimento di amicizia. Mi piace ricordare Mario Amato come un uomo simbolo della professionalità e dell'indipendenza che devono animare la professione di magistrato.
Lui che aveva diritto alla scorta, perché minacciato - ha poi concluso - era qui, solo, alla fermata dell'autobus, mentre veniva eseguita nei suoi confronti una sentenza di condanna a morte". A ripercorrere la sua parabola professionale e il suo triste epilogo anche il presidente dell'Associazione familiari vittime strage di Bologna del 2 agosto 1980, che ha incentrato il suo discorso sull'importanza della memoria e sulla funzione del ricordo come messaggio nei confronti delle giovani generazioni, con riferimento al discusso ingresso dei terroristi Mambro e Fioravanti nel comitato elettorale di Emma Bonino, candidata radicale alle passate elezioni regionali del Lazio. Atto definito "uno schiaffo per tutti quei cittadini onesti, per le vittime e per la stessa democrazia", nel nome di un'etica della politica "talmente scaduta da privilegiare il clamore criminal - mediatico all'onestà".
Tra i presenti, molto commossa, anche Carla Verbano, la madre di Valerio Verbano, il giovane liceale romano appartenente ad Autonomia Operaia, ucciso il 22 febbraio 1980, altro delitto irrisolto di quegli anni e il cui dossier, tra l'altro, venne affidato proprio al giudice Amato.
Al di là dei discorsi ufficiali, tuttavia, non può passare inosservato il fatto che, a volere profondamente questa cerimonia, siano stati cittadini e residenti del IV Municipio, zona nella quale il giudice abitava. A pesare sulla memoria collettiva, e non potrebbe essere altrimenti, è proprio il velo di oblio che le istituzioni, per tre decenni, hanno fatto calare sulla figura del magistrato. Un uomo onesto, animato dal senso dovere, spesso ostacolato e isolato, quando non delegittimato, dai suoi stessi colleghi. Un uomo di legge non protetto da altri uomini di legge che, come lui, avrebbero dovuto svolgere il proprio lavoro in difesa della verità e della giustizia. Ricordare significa anche fare i conti con la propria coscienza. E il silenzio caduto sulla triste sorte del magistrato Amato risulta più assordante del frastuono di mille parole.

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