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IL TESTO:
“Noi come Lazio, più di spendere
in modo oculato, non possiamo fare se non abbiamo i ricavi che possono
arrivare solo attraverso lo stadio di proprietà e una cittadella dello
sport”.
Premesso che delle “spese oculate” della Lazio di
Lotito e Tare abbiamo scritto spesso e volentieri in questi anni e ci
torneremo più avanti, la dichiarazione di ieri prima di Lazio-Juventus è
un po’ la fine di qualsiasi tipo di sogno di vedere in futuro una Lazio
diversa e da un certo punto di vista è il capolinea della
gestione-Lotito. Se per tua stessa ammissione tu più di questo non puoi
fare, hai due alternative: o cerchi dei partner in grado di supportare
il tuo progetto (sempre ammesso che una società che in quasi 9 anni non
ha mai partorito un piano industriale abbia un progetto…), come stanno
facendo addirittura Milan e Inter, oppure dopo questa ammissione di aver
raggiunto il limite, ti rendi disponibile a passare la mano se si
presenta qualcuno disposto a investire e a varare un progetto serio per
la Lazio.
Perché è quantomeno ridicolo attaccarsi alla storia dello
stadio per restare a galla, visto che è stato proprio Lotito con i sui
veti il maggior responsabile del naufragio della “Legge sugli stadi”,
solo perché quel testo varato dalla Commissione della Camera conteneva
tre righe che gli impedivano di poter realizzare la sua bella
speculazione su quei terreni vincolati sulla Tiberina.
E visto che il
suo scopo era solo quello di rendere edificabili i terreni di proprietà
della Agricola Alpa (società è controllata al 99% dalla Micromarket 2000,
una subholding immobiliare di proprietà di Cristina e Marco Mezzaroma),
che grazie alla storia del progetto dello stadio sulla Tiberina sono
passati da un valore al costo storico di1,4 milioni di euro a un valore
patrimoniale di 21,4 milioni di euro.
Ovvero 15 volte tanto, a
dimostrazione che lo stadio è stato per 8 anni il vero salvagente a cui
sono rimasti attaccati sia Claudio Lotito che il ramo della famiglia
Mezzaroma con cui è imparentato. Ma lo stadio in quella zona oramai è
una chimera e visto che lui non può accettare destinazioni diverse da
quella, oramai è proprio lo stadio di proprietà ad essere una chimera
per questa Lazio.
E senza nuovi e forti investimenti a breve (abbiamo la
rosa più vecchia della serie A, una decina di giocatori in scadenza di
contratto e altri con contratti da rinnovare a breve per non rischiare
di perderli a zero o quasi) con le prospettive attuali di entrate, questa società non ha futuro!
“Più di così non possiamo fare”, dice Lotito.
E ha ragione, nel senso che la sua dimensione da imprenditore non è la
Lazio, semmai e con tutto il rispetto possibile per la società campana e
i suoi tifosi, la Salernitana. Lì con i suoi mezzi e le sue capacità
può fare bene, perché a Salerno bene significa arrivare e restare in
Serie A. In una città come Roma, però, questo non può bastare. Perché
quando hai il quinto-sesto incasso a livello di diritti tv e quando
potenzialmente hai un bacino d’utenza di almeno un milione e mezzo di
tifosi solo nella Regione, non ti puoi accontentare di fare il minimo
sindacale e non puoi prendere per i fondelli la gente con la barzelletta
del “non è vero che più spende più vince”,
smentita dalla storia e dall’albo d’oro della Serie A e della Coppa dei
Campioni, dove i nomi dei vincitori sono sempre gli stessi (soprattutto
nel calcio moderno dominato da tv e sponsor) e guarda caso collimano con
quelli delle squadre più blasonate d’Europa e che spendono di più.
Senza arrivare agli eccessi del Manchester City e del Paris St. Germain,
basta guardare la parabola della Juventus, scesa nell’anonimato quando
la famiglia Agnelli ha chiuso i rubinetti e tornata al vertice appena la
società ha avuto i soldi per investire nuovamente nella costruzione
della squadra. Senza soldi non si va da nessuna parte e, come ha
ricordato ieri sera Sergio Cragnotti, “Se si vogliono raggiungere grandi traguardi ci vogliono grandi campioni”. La
Lazio qualche campione ce l’ha, ma è rimasta una bella opera
incompiuta. In estate o a gennaio servivano innesti di qualità per
completare il quadro, ma il pittore non aveva i soldi per comprare i
colori. “La Lazio ha fatto un girone d’andata alla grande,
evidentemente occorrevano dei rinforzi, non sono arrivati e questo è il
risultato”. In poche parole Sergio Cragnotti ha riassunto tutto, mettendo a nudo i limiti di questa società. “Noi come Lazio, più di spendere in modo oculato, non possiamo fare", dice Lotito. E mente due volte, in modo palese.
Primo: questa società, dal 2004 a oggi ha operato solo
tagli, ma non ha fatto nulla per aumentare i ricavi. A livello di
sponsor e di incassi al botteghino ha viaggiato per anni sul lavoro
fatto dalle precedenti gestioni, ma quando si è trattato di “metterci del suo” (nel
senso di abilità nel portare a casa soldi) Lotito ha dimostrato tutti i
suoi limiti. Nel 2004 ha preso una Lazio che aveva una media di 51.400
spettatori a partita, in questa stagione viaggia a quota 31.771 (dato
che calerà inevitabilmente nelle ultime tre partite casalinghe)
presenze. Nel 2004 la Lazio chiuse la stagione incassando (solo in
campionato) 12,935 milioni di euro in 17 partite, lo scorso anno ha
incassato 6,087 milioni di euro in 19 partite. Senza parlare poi delle
sponsorizzazioni. Nel 2004 avevamo la Siemens (eredità della gestione
Cragnotti) che versava 7,5 milioni di euro più bonus come sponsor
principale e la Puma come sponsor tecnico garantiva 5 milioni di euro
più bonus. Come sponsor principale sono 6 ANNI che incassiamo ZERO e
finito il contratto con la Puma l’estate scorsa ne è stato firmato uno
con la Macron che garantisce meno di 3 milioni di euro più bonus. E’
vero che la crisi c’è per tutti, ma qui siamo a dati che porterebbero al
fallimento e alla cacciata immediata di qualsiasi amministratore.
Secondo: la gestione oculata. Solo quest’anno, la
Lazio a fine stagione pagherà più di 10 milioni di euro di ingaggi a
giocatori che sono fuori rosa per scelta della società. Giusto o
sbagliato che sia, sono comunque 10 milioni di euro buttati dalla
finestra, con scelte a volte che è solo un dolce eufemismo definire
quantomeno cervellotiche. Esempio. Si decide di non dare a Diakité circa
1 milione di euro a stagione, ma invece che accordarsi con il
procuratore per cedere il giocatore e fare cassa, si va allo scontro
frontale, lo si perde a zero e per sostituirlo si prende uno come Ciani
che, oltre ad aver dimostrato sul campo di non essere più forte,
guadagna più o meno la stessa cifra e per giunta per acquistarlo abbiamo
dovuto versare quasi 2 milioni di euro al Bordeaux. Stessa cosa con
Cavanda. Giocatore lanciato, poi messo fuori rosa perché non si trova
l’accordo sul rinnovo del contratto e si va sul mercato a prendere
Pereirinha dando al portoghese la stessa cifra che non si è voluta dare a
Cavanda ma senza coprire il buco che si è aperto mettendo fuori rosa il
belga, visto che Pereirinha tutto è meno che un laterale destro di
difesa. Non è stato preso Yilmaz a 5 milioni di euro (pagabili) in 3
anni perché si è continuato a dare a Zarate una valutazione fuori
mercato. Risultato: si è svalutato ulteriormente l’argentino mettendolo
fuori rosa, Zarate a fine stagione ci sarà costato altri 8 milioni di
euro lordi, Yilmaz ora vale 5 volte tanto e per tappare il buco che si è
aperto con il solito infortunio invernale di Klose la Lazio ha versato
500.000 euro netti a Saha che in 3 mesi ha giocato una sola partita
dall’inizio con Petkovic che è stato costretto a sostituirlo per
disperazione. Da due anni la Lazio è diventata il rifugio degli amici di
Tare: 1,7 milioni di euro all’anno netti (quasi 3,5 lordi) e garantiti
per 5 stagioni a Cana, preso per fare il vice-Ledesma e spedito al
centro della difesa con il risultato che si è visto ieri; contratto
triennale da 1,6 milioni di euro lordi a Stankevicius (il doppio di
quello che chiedeva Cavanda) arrivato già rotto. E si potrebbe andare
avanti a lungo. Domanda: che cosa c’è di oculato in queste operazioni?
Nulla, così come il nulla si prefigura all’orizzonte di una gestione
arrivata al capolinea, ma con il conducente che non si rassegna all’idea
di fermarsi e scendere. E’ questa la vera croce della Lazio, la zavorra
che le ha impedito fino a oggi e le impedirà in futuro di volare. A
meno che Lotito non prenda atto della realtà. Ma prima di lui dovrebbe
essere tutto l’ambiente a prendere atto che siamo arrivati al capolinea e
a PRETENDERE che quantomeno si possa valutare se esiste la possibilità di una vera ALTERNATIVA.
Altrimenti, ad aprile-maggio del prossimo anno staremo nuovamente qui a
fare gli stessi discorsi di oggi, che poi sono quelli dello scorso anno
e di due anni fa…
Un blog che vuole essere fonte informativa e riferimento per segnalazioni,proposte,proteste nel quartiere Monte Sacro Alto,ossia Talenti di Roma, e per il Municipio III. Ha combattuto contro le degenerazioni del c.d."Modello Roma", e vuole operare, senza condizionamenti,nell'interesse della gente e della vivibilità dei nostri quartieri.
domenica 21 aprile 2013
Come dichiara il sito del SS.Lazio Fans Club Millenovecento, "siamo al capolinea della Gestione Lotito". Il sito dichiara: "è stato proprio Lotito con i sui veti il maggior responsabile del naufragio della “Legge sugli stadi”, solo perché quel testo varato dalla Commissione della Camera " impediva "la sua bella speculazione sui terreni vincolati sulla Tiberina"della Agricola Alpa (controllata al 99% dalla Micromarket 2000, subholding immobiliare di Cristina e Marco Mezzaroma), che grazie alla storia del progetto dello stadio...sono passati da un valore al costo storico di1,4 milioni di euro a un valore patrimoniale di 21,4 milioni di euro. . INTERESSANTE.... Chissà come andrà a finire...
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