È ormai evidente che una vasta porzione del movimento espresso dalla società civile italiana rifiuta nei tempi brevi i riferimenti alle scadenze elettorali e alle strutture partitiche; si punta invece ad un protagonismo attento e responsabile di centri di pressione politica costituiti da persone e gruppi di base, da campagne nazionali e comitati locali, da associazioni di scopo o da organismi rappresentanti di interessi prima sociali e poi economici. Se si adotta questo punto di vista, il panorama italiano descritto dal Censis, così depresso e demotivato, si trasforma in una società pulsante di attività, in un pullulare di iniziative creative e ricche di valori, in un continuo emergere di obiettivi realisticamente raggiungibili e di proposte costruttive osteggiate solo dai centri di potere economico che caratterizzano il sistema dominante e che trovano spesso sostegno nelle istituzioni e in alcune forze politiche.
Cosa manca quindi perché questo futuro così sentito e desiderato cominci a influire sui cambiamenti di portata sociale e sia riconosciuto come patrimonio comune di un paese capace di democrazia reale? Siamo infatti piuttosto convinti che questi protagonismi esistano già, ma non sono ancora riconosciuti, valutati, valorizzati e imitati, mentre prevalgono ancora spontaneismi poco efficaci, confusioni di piani di analisi e di operatività, eccessive semplicità di approccio ai problemi.
Facciamo quindi un primo tentativo di individuazione dei protagonisti già emersi e che dovrebbero essere moltiplicati in tempi brevi. È in tentativi di questo genere che il concetto di "territorio", tanto spesso richiamato nelle analisi di movimento, acquista concretezza e significatività e perde di astrattezza e senso di irrealtà. Elencare i nuovi protagonisti è relativamente facile: giunte comunali che si impegnano nella difesa del loro ambiente, comitati che si oppongono a opere pubbliche inutili o dannose, gruppi di base che lottano contro inceneritori, discariche o urbanizzazioni selvagge, gruppi di cittadini che impongono raccolte differenziate e pubblicizzazioni di beni comuni, famiglie che comprano direttamente dagli agricoltori o che scelgono prodotti biologici evitando gli eccessivi consumismi imposti dai supermercati, persone che si sottraggono ai processi di urbanizzazione forzata e tornano a rivitalizzare comuni abbandonati e terre eccessivamente sfruttate, iniziative di recupero di tradizioni culturali in via di sparizione, e la lista è certamente da completare.
Ogni volta che si mappano le risorse di un territorio circoscritto le sorprese sono infinite e la varietà delle culture all'opera emerge in tutta la sua ricchezza. Tuttavia, non si può trascurare il fatto che le singole esperienze possono essere accostate e confrontate ma non sommate a formare un sistema unico in via di affermazione. È infatti ancora abbastanza raro che le realtà più significative e vivaci vengano subito imitate in altri contesti e si diffondano a macchia d'olio; che i coordinamenti di realtà omogenee lavorino per la gemmazione e la moltiplicazione di entità analoghe in territori più lontani; che le reti nascenti organizzino subito delle mobilitazioni a scala territoriale maggiore; che famiglie e persone siano coscienti di essere i promotori di un futuro complessivo; che un diffuso senso di responsabilità porti a spingere perché in altri luoghi si inneschino meccanismo analoghi a quelli in corso.
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