Post diffamatorio sul giornale on line: esclusa la responsabilità del direttore
Cassazione penale , sez. V, sentenza 29.11.2011 N. 44126 (Michele Iaselli)
La Suprema Corte, nel caso di specie, è chiamata a valutare la configurabilità della responsabilità ex art. 57 e 57 bis c.p. della direttrice responsabile dell'edizione on-line del settimanale “l'espresso” in quanto avrebbe omesso il controllo necessario ad impedire la commissione del reato di diffamazione aggravata realizzato attraverso la pubblicazione di un post di un lettore. La Corte, richiamando tra l’altro una precedente sentenza (Cass., sez. 5, sentenza 16 luglio-1° ottobre 2010, n. 35511) e partendo dall’indubbio presupposto che l’art. 57 c.p. sanziona penalmente il direttore o il vice-direttore responsabile il quale ometta di esercitare sul contenuto del periodico da lui diretto il controllo necessario ad impedire che, col mezzo della pubblicazione, siano commessi reati, ritiene di poter escludere tale responsabilità per due principali motivazioni.
Innanzitutto esiste una netta distinzione di carattere strutturale tra i due mezzi di comunicazione (carta stampata ed Internet) che rende impossibile un’equiparazione o anche una semplice associazione tra un giornale tradizionale ed un giornale on line. Come è noto, argomentando dall’art. 1 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, sono considerate stampe o stampati le riproduzioni tipografiche o comunque ottenute con mezzi meccanici o fisico-chimici, in qualsiasi modo destinate alla pubblicazione. Dunque, perché possa parlarsi di stampa in senso tradizionale e giuridico (ai sensi della legge n. 47 del 1948), occorrono due condizioni: a) che vi sia una riproduzione tipografica, b) che il prodotto di tale attività (quella tipografica) sia destinato alla pubblicazione attraverso un’ effettiva distribuzione tra il pubblico.
Ebbene, sostiene giustamente la Corte, le pubblicazioni e quindi i giornali on line non presentano i requisiti di cui sopra in quanto non presentano alcun supporto fisico e non è configurabile, quindi, alcuna attività di distribuzione dello stesso supporto. L’articolo on line viene diffuso attraverso la stessa pubblicazione in rete, che consente l’immediata e contestuale visualizzazione del contributo da parte della collettività di utenti.
Ma esiste un secondo motivo, che porta senz’altro ad escludere l’applicabilità dell’art. 57 del c.p. nel caso di specie. Difatti, le stesse caratteristiche del mezzo telematico utilizzato rendono impossibile l’esercizio di un effettivo controllo da parte del direttore di un giornale on line. Si ricorda, difatti, che ad avere contenuto diffamatorio è stato il commento di un lettore che sfugge totalmente all’attività di controllo del responsabile del giornale.
E’ evidente, quindi, che la disposizione in questione è stata concepita solo per la stampa cartacea tradizionale ed all’epoca il legislatore nemmeno immaginava i futuri sviluppi tecnologici.
Secondo la Corte, quindi, l'inapplicabilità dell'articolo 57 del codice penale al direttore delle rivista on line discende sia dalla impossibilità di ricomprendere quest'ultima attività nel concetto di stampa periodica, sia per l'oggettiva impossibilità del direttore responsabile di rispettare il precetto normativo. Tale aspetto comporterebbe la sua punizione a titolo di responsabilità oggettiva, andando quindi ben al di là della portata del precetto normativo la cui applicabilità analogica ovviamente è del tutto da escludere per il divieto dell’analogia in malam partem.
La Suprema Corte non ritiene, giustamente, nemmeno perseguibile il riferimento alla Legge 62/2001 per sostenere un’equiparabilità tra editoria elettronica e stampa periodica. Difatti il provvedimento legislativo in esame, ridefinisce sì la nozione di prodotto editoriale alla luce dello sviluppo del sistema informatico e digitale, ma solo al fine di usufruire di certe provvidenze.
In più la seconda parte del terzo comma dell’art. 1, aggiunge che se il prodotto editoriale viene diffuso al pubblico con “periodicità regolare” ed è contraddistinto da “una testata, costituente elemento identificativo del prodotto”, è sottoposto, altresì, agli obblighi previsti dall’art. 5 della legge 47/1948, ossia, in particolare, all’obbligo di registrazione presso la cancelleria del tribunale, pena incorrere nel reato di stampa clandestina, come previsto dall’art. 16, legge n. 47.
Al contrario bisogna rilevare che con la Legge n. 62/2001 il riferimento all’editoria elettronica e digitale, considerata come parte integrante del sistema delle comunicazioni e della convergenza multimediale, hanno finito per mettere in crisi i principi della tradizionale normativa del settore editoriale, rendendo sempre più urgente la soluzione legislativa di problematiche attinenti al superamento del concetto di stampato, alla certezza della qualità dei messaggi informativi diffusi in rete, alla distinzione rispetto a messaggi di diversa natura, alla necessità di un compiuto inquadramento dei diversi prodotti editoriali, sia tradizionali che innovativi, nonché, infine, alla definizione di impresa editrice, con specifico riguardo agli obblighi di registrazione e alla revisione del sistema delle provvidenze.
(Altalex, 13 dicembre 2011. Nota di Michele Iaselli)
Innanzitutto esiste una netta distinzione di carattere strutturale tra i due mezzi di comunicazione (carta stampata ed Internet) che rende impossibile un’equiparazione o anche una semplice associazione tra un giornale tradizionale ed un giornale on line. Come è noto, argomentando dall’art. 1 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, sono considerate stampe o stampati le riproduzioni tipografiche o comunque ottenute con mezzi meccanici o fisico-chimici, in qualsiasi modo destinate alla pubblicazione. Dunque, perché possa parlarsi di stampa in senso tradizionale e giuridico (ai sensi della legge n. 47 del 1948), occorrono due condizioni: a) che vi sia una riproduzione tipografica, b) che il prodotto di tale attività (quella tipografica) sia destinato alla pubblicazione attraverso un’ effettiva distribuzione tra il pubblico.
Ebbene, sostiene giustamente la Corte, le pubblicazioni e quindi i giornali on line non presentano i requisiti di cui sopra in quanto non presentano alcun supporto fisico e non è configurabile, quindi, alcuna attività di distribuzione dello stesso supporto. L’articolo on line viene diffuso attraverso la stessa pubblicazione in rete, che consente l’immediata e contestuale visualizzazione del contributo da parte della collettività di utenti.
Ma esiste un secondo motivo, che porta senz’altro ad escludere l’applicabilità dell’art. 57 del c.p. nel caso di specie. Difatti, le stesse caratteristiche del mezzo telematico utilizzato rendono impossibile l’esercizio di un effettivo controllo da parte del direttore di un giornale on line. Si ricorda, difatti, che ad avere contenuto diffamatorio è stato il commento di un lettore che sfugge totalmente all’attività di controllo del responsabile del giornale.
E’ evidente, quindi, che la disposizione in questione è stata concepita solo per la stampa cartacea tradizionale ed all’epoca il legislatore nemmeno immaginava i futuri sviluppi tecnologici.
Secondo la Corte, quindi, l'inapplicabilità dell'articolo 57 del codice penale al direttore delle rivista on line discende sia dalla impossibilità di ricomprendere quest'ultima attività nel concetto di stampa periodica, sia per l'oggettiva impossibilità del direttore responsabile di rispettare il precetto normativo. Tale aspetto comporterebbe la sua punizione a titolo di responsabilità oggettiva, andando quindi ben al di là della portata del precetto normativo la cui applicabilità analogica ovviamente è del tutto da escludere per il divieto dell’analogia in malam partem.
La Suprema Corte non ritiene, giustamente, nemmeno perseguibile il riferimento alla Legge 62/2001 per sostenere un’equiparabilità tra editoria elettronica e stampa periodica. Difatti il provvedimento legislativo in esame, ridefinisce sì la nozione di prodotto editoriale alla luce dello sviluppo del sistema informatico e digitale, ma solo al fine di usufruire di certe provvidenze.
In più la seconda parte del terzo comma dell’art. 1, aggiunge che se il prodotto editoriale viene diffuso al pubblico con “periodicità regolare” ed è contraddistinto da “una testata, costituente elemento identificativo del prodotto”, è sottoposto, altresì, agli obblighi previsti dall’art. 5 della legge 47/1948, ossia, in particolare, all’obbligo di registrazione presso la cancelleria del tribunale, pena incorrere nel reato di stampa clandestina, come previsto dall’art. 16, legge n. 47.
Al contrario bisogna rilevare che con la Legge n. 62/2001 il riferimento all’editoria elettronica e digitale, considerata come parte integrante del sistema delle comunicazioni e della convergenza multimediale, hanno finito per mettere in crisi i principi della tradizionale normativa del settore editoriale, rendendo sempre più urgente la soluzione legislativa di problematiche attinenti al superamento del concetto di stampato, alla certezza della qualità dei messaggi informativi diffusi in rete, alla distinzione rispetto a messaggi di diversa natura, alla necessità di un compiuto inquadramento dei diversi prodotti editoriali, sia tradizionali che innovativi, nonché, infine, alla definizione di impresa editrice, con specifico riguardo agli obblighi di registrazione e alla revisione del sistema delle provvidenze.
(Altalex, 13 dicembre 2011. Nota di Michele Iaselli)
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