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Il «lavoro sporco»
di A.Crispino
ROMA - Sono le 5 del mattino, sulla statale a ridosso della Magliana, periferia sud di Roma. Vicino a un viadotto, si distinguono delle sagome sul ciglio della strada: vanno avanti e indietro tra le auto che sfrecciano. Saranno una cinquantina, da lontano sembrano prostitute. In realtà sono uomini: lavoratori, operai. Tutti in cerca di un lavoro. «In nero, ovviamente». di A.Crispino
Con una telecamera nascosta abbiamo filmato quello che succede quotidianamente sulle strade provando a fotografare la paura, la rassegnazione e l’indignazione di chi non ha altra scelta per vivere. Ma anche la spudorata arroganza con la quale i caporali abusano di queste persone. Per un giorno ci siamo trasformati in uno di loro: siamo diventati operai in nero. "Invisibili" ma parte integrante di quella terribile piaga del lavoro senza diritti che affligge l'Italia.
Dopo alcune ore in piedi e sotto al sole si ferma una macchina. Il socio di un’impresa locale ci ingaggia per il rifacimento della rete fognaria di una residenza sanitaria. Il prezzo per la giornata è 50 euro. Appena arrivati prendiamo ordini a ripetizione e iniziamo a fare quello che qui chiamano il «lavoro sporco». Inutile parlare di sicurezza sul lavoro. Se chiedi un paio di guanti o un casco ti ridono in faccia: «Qui si lavora così … lavora piano piano». Un altro operaio spiega che se ci facciamo male o sbagliamo a fare qualcosa è meglio che ce ne andiamo subito perché il capocantiere nemmeno ci pagherà. Ma l’infortunio è il minimo che può capitare. In casi peggiori nessuno dovrà mai sapere come e cosa è successo. Insomma, dei fantasmi. Inesistenti anche per le statistiche che non li contemplano neppure alla voce «morti sul lavoro». Tragica realtà quotidiana nell'Italia che produce e lavora senza regole e diritti.
Antonio Crispino
28 aprile 2011(ultima modifica: 29 aprile 2011)
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