A Roma Capitale piace la “finanza di progetto”
di Luigi Brienza
Dal momento che Alemanno non è solo il Sindaco della città di Roma, ma anche il candidato che ho votato al primo e secondo turno delle ultime elezioni comunali, mi sentirei doppiamente colpevole (questo è il mio convincimento) se, ogni tanto e in forma garbata, non ponessi all’attenzione dell’esecutivo romano e, più in generale, dell’intero Consiglio capitolino elementi di riflessione attinenti il rapporto tra risorse e sviluppo.
Tanto premesso e chiarito, grazie alla gentile ospitalità di varie testate territorialmente legate al IV Municipio, in questi ultimi mesi ho tentato di illustrare la complessità operativa di due strumenti economici che vengono sempre più richiamati in relazione alla realizzazione della rete metropolitana urbana e, in particolare, della tratta B/1.
Finanza di progetto e valorizzazioni immobiliari sono così entrati nel nostro lessico quotidiano, costituendo elemento di dialogo e confronto tra singoli, gruppi, forze politiche, economiche e sociali.
Nel motivare le mie perplessità sul meccanismo previsto per realizzare il prolungamento da piazzale Jonio a Porta di Roma, ho, tra l’altro, portato ad esempio due proposte che di recente sono state fonte di accesi dibattiti: il restauro del Colosseo e la Formula 1 all’Eur.
Richiamo il mio parere che, oggi, confermo: favorevole all’operazione di ricorrerere al restauro del Colosseo attraverso una sponsorizzazione di alto profilo, se pur con qualche perplessità sulle procedure di individuazione del contraente, e la netta contrarietà alla realizzazione del secondo evento, pesantemente connesso ad una serie di “iniziative” collaterali con un impatto ambientale ed economico non adeguatamente motivato.
Il risultato attuale è che avremo il Colosseo restaurato e non il rombo dei motori della Formula 1 per le strade dell’Eur.
Questo preambolo per introdurre due decisioni recentissime del Comune di Roma che necessitano di qualche approfondimento, quanto meno sul piano delle procedure e del metodo.
Mi riferisco al “restyling del Tridente” ed al via libera per la realizzazione di “Campidoglio 2”.
RESTYLING DEL TRIDENTE
Nel primo caso, la cronaca ci informa che una nota ed importante ditta francese di accessori aprirà su piazza San Lorenzo in Lucina un mega-store al posto della sala Etoile ormai uscita dal circuito della distribuzione cinematografica.
L’operazione, curata direttamente dal competente Dipartimento Capitolino, comporta un onere finanziario a carico dei nuovi titolari dei locali nell’ordine dei 2,5 milioni di euro (importi concessori per cambio di destinazione d’uso).
Tale somma sarà, però, gestita direttamente dalla ditta francese e verrà destinata alla ripavimentazione “old style” della piazza e di tutto il “Tridente”.
Nulla da eccepire sull’intervento: molto probabilmente è l’unico fattibile del lungo elenco di opere contenute nel libro dei desideri presentato in occasione dei recenti “Stati Generali”.
Gli interrogativi nascono da un altro tipo di considerazioni, che la difficoltà di avere informazioni più complete non ha consentito, al momento, di chiarire.
Siamo, se pur al limite, in un tipico caso in cui il ricorso alla finanza di progetto ed alla valorizzazione immobiliare può produrre un giusto vantaggio sia per la parte pubblica, come per quella privata, purchè regole e procedure siano chiare ed eque.
Gli oneri concessori sono l’unica risorsa di rilievo ed indipendente dalle somme trasferite dal Campidoglio di cui può disporre un Municipio per fare fronte direttamente agli interventi di propria competenza: non risulta che, a tale riguardo, vi sia stato un qualche coinvolgimento dell’Ente locale.
La gestione della citata somma in forma diretta da parte della ditta francese comporta che definizione dell’appalto, scelta delle imprese e quanto altro legato alla realizzazione dei lavori non sia sottoposto a verifica dei competenti organismi dell’Amministrazione: evitiamo che sorgano dubbi e perplessità che, di certo, non agevolano l’attività politica, periodicamente impegnata, suo malgrado, a schivare una qualche “..…topoli”.
I legittimi interessi commerciali della Ditta francese che è coinvolta in questa operazione di riqualificazione urbana non sono certo estranei al tipo di intervento: riqualificare il Tridente e, in particolare, la “piazza” su cui affacciano le proprie vetrine produce un innegabile “valore aggiunto”, di cui non è dato sapere se si è tenuto conto in fase di convenzione (e di controvalore).
Si può essere certi che tutte queste problematiche sono state affrontate e risolte: farebbe, però, piacere saperne qualcosa di più.
CAMPIDOGLIO 2
Per “Campidoglio 2” si intende un’operazione, da anni in discussione, il cui obiettivo è concentrare tutti gli uffici capitolini, non di rappresentanza, in un unico complesso immobiliare (uno o più edifici).
Si tratta di 115.000 mq. di superfici complessive e di 4.500 addetti dei vari Dipartimenti comunali da concentrare su di un’unica area comunale ubicata tra la via Cristoforo Colombo ed i Mercati Generali (zona Ostiense).
Duplice l’obiettivo dichiarato dell’Amministrazione: risparmiare sugli affitti passivi (40 Ml di euro ogni anno) e migliorare la propria efficienza operativa nei confronti dell’utenza.
Questa operazione, sulla carta, oltre al terreno (già di proprietà) comporta una spesa di oltre 235 Ml di euro, non disponibili nel bilancio della Città.
Ecco, allora, il ricorso alla “finanza di progetto”: l’Impresa che si aggiudica l’appalto dell’opera ne diviene concessionaria per 25 anni a fronte di un canone a carico del Comune nell’ordine dei 20 Ml di euro l’anno (tasso di rendimento medio nel periodo pari al 8,5%).
E’ evidente che l’importo da sborsare è il doppio del costo dell’opera, ma per il Campidoglio l’operazione è dichiarata conveniente in quanto, nello stesso periodo di riferimento (25 anni), il risparmio da affitti passivi è nell’ordine dei 500 Ml di euro.
Tanta sicurezza necessita di qualche approfondimento: realizzare un simile risparmio significherebbe poter prolungare la metro B/1 fino a “Porta di Roma”, senza dovere fare ricorso a nebulose alchimie finanziarie ed immobiliari.
Sicuramente sarà stato valutato l’effetto di un esodo di tale dimensione: oltre ai problemi logistici dei dipendenti comunali, vi è da considerare l’impatto che la simultanea presenza di 4.500 nuove unità crea in un ambito urbano ristretto, al pari delle forti interazioni con il sistema della mobilità.
La concentrazione di personale e funzioni ha soglie di efficienza che vanno simulate e valutate prima che la loro sperimentazione (disastrosa) sia non più reversibile: vari dipartimenti possono trarre vantaggio da una contiguità fisica ed operativa, ma, di certo, non tutti insieme appassionatamente.
Si è sempre parlato di una Città (metropoli) organizzata per centralità urbane ed in forma policentrica: l’asse direzionale (tutti i Ministeri insieme) del vecchio PRG è stato rimosso anche dalla nostra memoria; nel mentre, i Municipi hanno i propri uffici sparsi per il territorio circoscrizionale e, spesso, mal collegati e difficilmente raggiungibili.
Potrebbe, allora, essere opportuno che per una simile operazione venisse approfondita l’ipotesi di meglio distribuire i punti di attrazione in più aree funzionalmente collegate tra di loro e con il Centro, che è e rimarrà il cuore pensante (Consiglio) ed operativo (Sindaco e Giunta) della città.
Augurando che il confronto, non solo sindacale, con tutti gli “stakeolders” coinvolti dalle precedenti problematiche sia quanto meno a buon punto, restano alcuni dubbi sul piano più squisitamente finanziario dell’operazione.
I conti, nella forma in cui sono stati presentati, pare non abbiano bisogno di ulteriori riscontri: se lo studio di fattibilità presentato in Giunta si basa sul solo confronto “spesa attuale – spesa futura” i nostri amministratori possono dormire sonni tranquilli e con loro tutti noi cittadini contribuenti.
Ma siamo certi che il ricorso a procedure bancarie di “mutuo immobiliare”, anche sotto forma di “BOC” (buoni ordinari comunali), non siano percorribili con risultati più vantaggiosi e trasparenti per l’Amministrazione?
Dopo anni di ordalie sotto forma di “derivati”, una sana operazione, in cui il prestito bancario è finalizzato ad un’operazione immobiliare di sicura redditività, non può che giovare anche alle casse ed all’immagine del sistema bancario (della nostra città) abituato a prestare i denari dei risparmiatori a finanzieri-palazzinari in cambio di migliaia di mc. realizzati ed invenduti (dati in garanzia).
Ma, di certo, tutte queste sono solo infondate preoccupazioni: quanti sono delegati ad amministrare Roma Capitale sono ben consapevoli delle proprie certezze, poste alla base di scelte e decisioni irreprensibili nelle varie Sedi in cui vengono assunte.
Considerato, però, il proliferare di uffici e strutture impegnati nella “finanza di progetto”, c’è il rischio che la mancanza di verifiche riguardo omogeneità di tecniche, procedure e dati provochi risultati sindacabili.
Rinnovo, quindi, l’invito a valutare l’opportunità (necessità) di dotare il Comune di Roma di un unico centro di valutazione e verifica degli investimenti, con caratteristiche di forte indipendenza ed autonomia, possibilmente in forma di agenzia o “autority”.
Concludendo, mi permetto di ricordare una legge in vigore nella città di Efeso oltre venti secoli fa: “Se alla fine di un’opera la spesa era pari o inferiore a quanto previsto, il responsabile ne riceveva fama ed onori; se la spesa superava di poco il preventivato, il colpevole veniva redarguito e, a volte, allontanato dalla gestione della cosa pubblica; infine, se la spesa eccedeva di molto il programmato, la differenza veniva prelevata dai beni di chi aveva male operato nei riguardi degli interessi della città e dei suoi cittadini”.
Questa “regola”, applicata agli architetti del tempo, potrebbe oggi tornare utile: chi vuole sottoscrivere questo “patto” con i cittadini romani?
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