sabato 20 marzo 2010

DALLA MANCATA RIFORMA URBANISTICA NEGLI ANNI '60 DEL SECOLO SCORSO ALL'ATTUALE CEMENTIFICAZION A TAPPETO DELLE NOSTRE CITTA'. UN INTERESSANTE ARTICOLO DI LUCA CONIGLIO

RICEVIAMO E MOLTO VOLENTIERI PUBBLICHIAMO:

La Riforma Urbanistica, un enorme rimpianto!
Mezzo secolo fa il ministro Sullo aveva capito che solo una radicale riforma avrebbe salvato le città italiane dalla devastante speculazione. Una voce inascoltata.
di Luca Coniglio
Correva la prima metà degli anni  sessanta, l' Italia era in pieno boom economico, la sua economia, per secoli latente e inferiore anni luce a quella dell' Europa più sviluppata, si stava prepotentemente avvicinando a Francia, Germania ed Inghilterra. Uno sviluppo impetuoso che  ebbe però parecchi effetti collaterali, tra i quali già spiccava e spicca più che mai oggi, il problema della tutela del territorio e della crescita disordinata e  sgangherata delle città. L'Italia di quegli anni era famosa, oltre che per l'economia galoppante, anche per la distruzione del territorio che essa stessa si stava auto  infliggendo. La spietata speculazione fondiaria alimentava il fuoco della crescita  senza freni e senza regole di città come Genova, Napoli, Palermo, Milano e soprattutto Roma. La Capitale in particolare cresceva ad un ritmo spaventoso, interi quartieri che venivano su senza regole, in barba alle più elementari norme urbanistiche . Un fenomeno noto come "Sacco di Roma",  perpetuato dai "Palazzinari", che costruivano la città solo in base ai loro interessi economici e non a quelli dei cittadini, con le istituzioni impotenti, cioè esattamente quello che succede oggi. Fu allora, nel 1962, che il Ministro democristiano dei Lavori Pubblici, Fiorentino Sullo pensò ad una Riforma Urbanistica che potesse fermare questo scempio, un tentativo serio, di arginare la speculazione che tormentò e tormenta ancora l' Italia contemporanea. Il progetto di Sullo prevedeva l'esproprio preventivo, da parte dei comuni, di tutte le aree edificabili le quali ,all'epoca, erano dei tanti contadini e agricoltori che coltivavano la terra intorno alle città e che improvvisamente, vista l'esigenza abitativa, si trovarono con una fortuna inestimabile in mano (vedi ad esempio la famiglia Talenti). I comuni, che in pieno boom avevano i soldi per fare gli espropri, avrebbero provveduto alla realizzazione di tutte le opere di urbanizzazione primaria ( strade, fogne acquedotti, parchi, parcheggi ecc) e solo dopo avrebbero rivenduto le aree in questione ai costruttori, i quali sarebbero diventati proprietari solo dell'edificato e non del suolo, dando al comune un controllo totale sul piano regolatore, come dovrebbe essere in un paese civile. Una visione estremamente lungimirante che, se attuata, avrebbe salvato il destino delle grandi città, in primis Roma. Da quel momento Sullo ed il suo progetto, vennero sottoposti, inspiegabilmente, ad una campagna diffamatoria che non ha precedenti nella storia d'Italia. "Sullo vuole levare la casa agli italiani" era lo slogan preferito della destra dell'epoca che cavalcava il disperato bisogno di alloggi da parte della società italiana. Una società fondamentale per la vittoria elettorale della DC alle prossime elezioni (quelle del 63) che quindi non poteva in nessun modo essere contraddetta. Fu per questo motivo che gli stessi vertici della DC, nella persona di Aldo Moro, non difesero affatto la proposta di Sullo, anzi lo abbandonarono dicendo che quella era stata un' iniziativa privata del Ministro e che il partito non ne era a conoscenza. A Sullo fu addirittura impedito di andare il televisione per spiegare le buone ragioni della sua riforma. Fu cosi che naufragò l'ultimo grande progetto che avrebbe dato un volto diverso, migliore, più funzionale, alla nostra città e al nostro municipio, oggi vittima sacrificale, mentre il Comune di Roma guarda impotente e con l'acqua alla gola.

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