Promemoria sui casali di “Vigne Nuove”
La via Patinaria.
In epoca romana (secondo la “Tabula Itineraria Peutingeriana” del III secolo d. C) Montesacro è uno spicchio di territorio solcato da due grandi vie consolari: la Nomentana e la Salaria… Secondo studiosi come Quilici e Coarelli, c’è una terza via, la via “Patinaria” (attuale via delle Vigne Nuove) che da ponte Nomentano va a raggiungere Crustumerium (alla Marcigliana). Lungo quest’antico asse stradale di crinale c’era il Suburbanum di Faonte, liberto di Nerone (una villa suburbana dove, l’8 giugno del 68 muore Nerone). L’identificazione della villa è resa sicura dal ritrovamento nel sito di un’iscrizione della sua nutrice Egloge, che ne curò la sepoltura. Più avanti c’è una “mansio” (una stazione di posta romana) di cui resta un mosaico a soggetto marino (ora al centro commerciale “Porta di Roma”).
Nascita dei casali di “Vigne Nuove”
Nella “Carta topografica del suburbano di Roma” di Monsignor Falsacappa del 1839 compare per la prima volta il toponimo “Vigne Nuove”: un nuovo impianto a vigna che sfrutta un’area acclive, una enclave agricola in pieno Agro romano (di solito lasciato a pascolo incolto). E’ quindi in quest’epoca, a inizio Ottocento, che risalgono i casali di “Vigne Nuove” a servizio delle vigne, cultura che necessita cure continuative.
In asse con la strada di crinale contornata ancor oggi da antiche querce c’era (fino a pochi giorni fa) un edificio lungo a squadra con uno quadrato a formare una piccola corte contadina e dietro un casaletto rustico. Si trattava quindi di un piccolo, suggestivo borghetto produttivo, esempio significativo di edilizia rurale.
In Agro romano i casali si insediano sempre su un sito storico precedente, di cui sfruttano la posizione favorevole e le cisterne, come i casali di Vigne Nuove in perfetta continuità storica con la villa di Faonte. Era anzi probabile che nei casali stessi, incastonati nelle pareti o nelle cantine, ci fossero resti archeologici riferibili alla villa di Faonte.
Ultimi buoni propositi.
Ancora nel 1958 Antonio Maria Colini raccomanda di preservare a verde l'area della villa di Faonte (“Capitolium”, rassegna del comune di Roma, marzo 1958)… Ma i nostri amministratori hanno la memoria corta.
Il Piano di Recupero Urbano “Fidene Valmelaiana”
I casali, almeno fino all’estate 2007, sono ancora in discrete condizioni e regolarmente abitati da contadini affittuari che ne curano la manutenzione. Ma poi arriva il Piano di Recupero Urbano “Fidene Valmelaina” e per “recuperare” quest’area vengono prima di tutto mandati via i contadini. Quanto ai casali, lasciati in colpevole abbandono dalle ditte e privi di custodia, vengono occupati da sfrattati nell’estate del 2007, tra cui fuoriusciti del famigerato residence “Roma”, che restano lì fino indisturbati per mesi e solo il freddo di quell’inverno li fa desistere dall’occupazione.
Una morte annunciata. Gli edifici rurali sono successivamente lasciati all’abbandono e al degrado più assoluto in modo da avere la scusa che non vale più la pena recuperarli. Qualcuno toglie perfino i coppi e le travi del tetto (vedi foto a fianco)... E un casale privo di tetto ovviamente si degrada da se.
Si arriva così all’epilogo, il 26 febbraio 2010: una ruspa spiana i tre casali di "Vigne Nuove" in via Passo del Turchino, quello che secondo il Piano di recupero urbano sarebbe dovuto diventare la Sede di un piccolo museo archeologico dei vicini ruderi della villa di Faonte!
Scomparsi così i casali, che hanno dato il nome alla zona "Vigne Nuove" fin dall'Ottocento, gli abitanti dell'area non possono trovare più nessun punto di riferimento, solo palazzine fatte in serie, tutte uguali in ogni angolo della città, rotatorie e ipermercati di un quartiere sempre più anonimo, sempre più ridotto a dormitorio… I casali, abitazione caratteristica dell’agro, erano invece unici nella loro originalità, non “fatti in serie”.
Eppure il “Piano di recupero urbano Fidene Valmelaina” nell’unico punto qualificante, prescriveva giustamente di adibire quei casali a museo archeologico “Gli interventi coordinati n°12 (Museo archeologico) e n°23 (Parco archeologico Villa di Faonte) permetteranno la valorizzazione delle preesistenze archeologiche della zona di Vigne nuove” (vedi cartina qui a fianco).
Adesso i casali non sono che un mucchio di sassi e calce e travi abbandonati per terra da buttare alla discarica.... Anche qua c'è un po' lo stile dell'Aquila: a che serve un centro storico, un casale storico? Buttiamo giù tutto e costruiamo una "cosa nuova" dall'altra parte. E se gli abitanti non trovano nel territorio dei punti di riferimento, pazienza!
I casali di Vigne Nuove, insieme ad altri elementi monumentali, avrebbero potuto invece qualificare questo territorio, dandogli un contenuto di storia e di civiltà.
1° marzo 2010
dott. Luigi Cherubini
Associazione Italia Nostra, Comitato di Quartiere via Passo del Turchino
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