FONTE: http://mediablog.corriere.it/2009/12/gli_eretici_digitali_e_i_nuovi.html
Se il giornalismo non può più fare a meno della rete, neppure internet sarebbe più lo stesso luogo senza il buon giornalismo. Parte da questo assunto “Eretici digitali. La rete è in pericolo, il giornalismo pure: come salvarsi con un tradimento e 10 tesi”, libro scritto a quattro mani da Massimo Russo e Vittorio Zambardino (Apogeo Libri 2009).
I due autori sono colleghi che lavorano per la “concorrenza”: Russo è direttore di Kataweb e autore del blog Cablogrammi; Zambardino è inviato di Repubblica.it per la cultura digitale e autore del blog Scene Digitali. Considero entrambi ottimi giornalisti e compagni di lungo corso nell’avventura del giornalismo online.
La prima considerazione che posso fare appena terminata la lettura del loro libro è che ho imparato molte cose che non conoscevo e tante altre, che pure conoscevo, le ho potute mettere a fuoco e inquadrare in un più ampio contesto di riferimento: insomma, un libro utile per capire le dinamiche di due realtà sulle quali qui si discute molto: il giornalismo e la rete.
Il saggio analizza la storia digitale degli ultimi 20 anni mettendo in luce i non sempre facili rapporti tra produttori di contenuti da una parte e padroni dei “tubi”, delle infrastrutture e delle varie piattaforme dall'altra.
Molto è cambiato nel modo di fare giornalismo e molto dovrà cambiare ancora affinché l’informazione di qualità possa trovare il posto che le spetta nell’era digitale. Ma se per il giornalismo le critiche, anche severe, da parte dei lettori e degli utenti della rete non sono mai mancate, più difficile è trovare analisi attente e approfondite sui nuovi intermediari, sui meccanismi che sono alla base di modelli di business “impenetrabili” quanto “insidiosi” per la privacy degli utenti. “Alla disgregazione digitale - sottolineano gli autori - sopravvivono i vecchi mediatori (le aziende di telecomunicazione) e i nuovi doganieri (i motori di ricerca)".
Onestamente, a leggere la sistematica ricostruzione dei nuovi "padrini della rete" si prova una certa ansia (per il futuro del web e dei suoi utenti). “Per fare parte del nuovo mondo, sia come produttori sia come consumatori - scrivono gli autori - bisogna passare attraverso i cancelli delle piattaforme tecnologiche” I padroni-guardiani di queste vie di accesso sono pochi ed essenzialmente di quattro tipi: i motori di ricerca; le compagnie telefoniche e i provider; le società titolari dei dispositivi che definiscono l’industria; i proprietari dei social network.
Nessuno di questi soggetti produce contenuti, senza i quali le loro piattaforme non avrebbero ragione di esistere, ma regolano l'accesso e la visibilità. I contenuti sono creati prevalentemente dai media e, con il web 2.0, dagli stessi utenti (basti pensare a social network come Facebook o a microblogging come Twitter). Eppure questi contenuti creano un valore che quasi mai, però, viene ridistribuito lungo tutta la catena creativa: i ricavi (spesso anche miliardari) si fermano quasi sempre esclusivamente ai padroni della rete.
La parte più preoccupante è la ricostruzione dei meccanismi di approvvigionamento della pubblicità da parte di Google, dalla quale emerge da una parte la sua forza inarrestabile (intermedia più della metà degli annunci publicitari in rete) e dall’altra il quadro inquietante di utenti sempre più messi a “nudo”, spogliati di ogni privacy. Dal quadro messo insieme, con dovizia di fonti e citazioni, da Russo e Zambardino siamo piuttosto lontani da quel “Don’t be the evil” (non fare il male), motto con cui 11 anni fa Sergey Brin e Lawrence Page fondarono Google. Insomma, un libro che si può anche non condividere, ma che è meglio leggere con mente aperta e spirito laico. Giusto per non ritrovarsi un giorno a dover ammettere: “Non avevo capito niente”.
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