"Derivati" tossici. I lati oscuri del debito comunale
Una coltre di silenzio bipartisan sull’affaire. Le denunce di Antigene, Federconsumatori e Rete Romana di mutuo soccorso. Chiesto l’accesso agli atti per conoscere tutti i risvolti del debito,
di Aldo Pirone - 24/05/2010
"Faccio un appello a tutte le forze politiche, sociali ed economiche romane a intervenire sul Governo e sul Parlamento affinché sia finanziato definitivamente il Piano di rientro. Un'occasione di responsabilità collettiva in un periodo economico estremamente difficile, in cui il dissesto del Comune di Roma sarebbe un segnale negativo a livello nazionale e internazionale". Questo il drammatico grido di dolore lanciato dal Sindaco Alemanno nei giorni scorsi.
Senza piano di rientro dal debito non c’è quel Bilancio comunale che ancora si aspetta. Senza Bilancio c’è il fallimento economico, politico e amministrativo.
Il debito accumulato dal Campidoglio è enorme. Secondo “il Sole 24 ore” del 3 marzo2010 viaggerebbe verso i 12 miliardi di euro. Circa 24 mila miliardi di vecchie lire. Viene da lontano e andrà lontano.
L’ultimo sindaco della Prima Repubblica Carraro nel 1992 lo lasciò sui 4 miliardi e rotti ai suoi successori di centrosinistra Rutelli e Veltroni. Per gran parte costituito dal ripiano dei costi del trasporto pubblico.
Nel 2001 era lievitato a 6 miliardi, nel 2008 la cifra del debito programmato era certificata dalla Ragioneria generale dello Stato a quota 9,8 miliardi.
(INSOMMA CON RUTELLI, MA SOPRATTUTTO CON VELTRONI IL DEBITO E' SALITO QUASI A 1O MILIARDI !!! I SUCCESSIVI QUASI DUE, NEGLI ULTIMI 2 ANNI, SONO IN LARGA PARTE DI INTERESSI !)
Alla gestione Alemanno va addebitato il gran premio della montagna dei 12 miliardi.
Dentro a questo grande buco nero è entrato di tutto. Gli sprechi, la lievitazione del costo delle opere pubbliche e dei servizi, gli appalti compiacenti e le licitazioni private clientelari, l’incapacità amministrativa, le consulenze milionarie, il clientelismo elettoralistico e la corruzione. Insomma l’abbassamento complessivo della fibra morale del Paese nel finire della Prima e nel prosieguo della Seconda Repubblica.
Ma quello che oggi preoccupa è la composizione di questo fardello. E sì, perché una parte di esso è fatta dai cosiddetti “derivati”, i famigerati strumenti finanziari potenzialmente tossici che sono stati alla base della recente crisi finanziaria mondiale e della conseguente recessione economica.
Tutto è cominciato nel 2001 con la tremontiana “creatività” finanziaria. Quella che al termine del quinquennio berlusconiano dissestò i conti pubblici poi messi a posto e in sicurezza dai tanto vituperati Prodi e Padoa Schioppa.
Mago Tremonti con la finanziaria del 2002 concesse agli Enti locali di poter ricorrere ai “derivati”. Secondo la Corte dei conti i Comuni che hanno colto il frutto proibito sono 737 insieme a 40 Province e 13 Regioni per un debito complessivo di 35,6 miliardi.
Ma perché gli Enti locali sono ricorsi a questi strumenti finanziari? Per ridurre i costi di gestione del loro debito aiutandone la ristrutturazione. Sottoscrivendo però con le Banche contratti derivati è come se avessero avallato cambiali che, viaggiando nel vasto e oscuro mondo della finanza, non si sa più a chi stiano in mano.
Per quanto riguarda il debito capitolino la Rete Romana di mutuo soccorso, che raccoglie più di 80 fra comitati di quartiere e associazioni della città, ha denunciato in un comunicato stampa del 17 maggio che “i derivati stipulati dal sindaco Walter Veltroni e dall'assessore Marco Causi, ammontano a ben 6 miliardi 951 mila euro. I relativi interessi sono ammontati, per il 2008 a 467 milioni di euro, per il 2009 a 633 milioni di euro, e per il 2010 ammonteranno a ben 689 milioni di euro; insomma il contributo del Governo Nazionale che avrebbe dovuto consentire di risanare il debito del Comune di Roma, non basta neanche a pagare gli interessi per quest'anno”. Anche i tanto sbandierati finanziamenti per Roma capitale saranno per gran parte inghiottiti dagli interessi. Rischiamo di pagare fino al 2048.
L’associazione Antigene e la Federconsumatori, che da tempo seguono le tracce di questi strumenti infetti, hanno chiesto al Comune l’accesso agli atti. Vogliono vedere le carte del debito. Tutte le carte. Per ora hanno ricevuto solo dinieghi e silenzi imbarazzati, ma non hanno alcuna intenzione di mollare. La Rete denuncia “il silenzio della stampa, degli altri organi di informazione” e anche quello, pour cause, dell’opposizione di centrosinistra ancora avvolta dai fumi della tossicodipendenza finanziaria.
Il rischio è serio. La bolla finanziaria speculativa che in America ha travolto il sistema bancario e assicurativo poi salvato con i soldi dello Stato e dei contribuenti, qui in Italia rischia di travolgere gli Enti locali già strozzati dai tagli governativi.
Il Campidoglio, per esempio, può essere chiamato all’improvviso a dover fronteggiare il debito connesso ai contratti dei “derivati”. A quel punto sarebbe costretto a dismettere i beni pubblici in favore delle Banche, proprio quelle che gli hanno rifilato le polpette avvelenate, compresi quelli demaniali dello Stato in via di trasferimento per ripianare il debito comunale.
Una gigantesca espropriazione di beni collettivi da parte del sistema finanziario privato. Questi beni, essenzialmente aree ed edifici, sarebbero oggetto poi di un’ovvia valorizzazione speculativa che avrebbe pesanti ripercussioni anche sulle politiche urbanistiche innescando una nuova incontrollata espansione della città e un ulteriore saccheggio dell’agro romano.
E tutto ciò mentre i cittadini sarebbero chiamati a nuovi pesanti sacrifici per ripianare il resto del debito con l’aumento delle tariffe comunali, dalla Tari ai trasporti, e il taglio dei servizi, dalla scuola alle spese sociali.
Questo accade quando per riempire il buco del debito ci si affida ai bucanieri della finanza creativa.
Senza piano di rientro dal debito non c’è quel Bilancio comunale che ancora si aspetta. Senza Bilancio c’è il fallimento economico, politico e amministrativo.
Il debito accumulato dal Campidoglio è enorme. Secondo “il Sole 24 ore” del 3 marzo2010 viaggerebbe verso i 12 miliardi di euro. Circa 24 mila miliardi di vecchie lire. Viene da lontano e andrà lontano.
L’ultimo sindaco della Prima Repubblica Carraro nel 1992 lo lasciò sui 4 miliardi e rotti ai suoi successori di centrosinistra Rutelli e Veltroni. Per gran parte costituito dal ripiano dei costi del trasporto pubblico.
Nel 2001 era lievitato a 6 miliardi, nel 2008 la cifra del debito programmato era certificata dalla Ragioneria generale dello Stato a quota 9,8 miliardi.
(INSOMMA CON RUTELLI, MA SOPRATTUTTO CON VELTRONI IL DEBITO E' SALITO QUASI A 1O MILIARDI !!! I SUCCESSIVI QUASI DUE, NEGLI ULTIMI 2 ANNI, SONO IN LARGA PARTE DI INTERESSI !)
Alla gestione Alemanno va addebitato il gran premio della montagna dei 12 miliardi.
Dentro a questo grande buco nero è entrato di tutto. Gli sprechi, la lievitazione del costo delle opere pubbliche e dei servizi, gli appalti compiacenti e le licitazioni private clientelari, l’incapacità amministrativa, le consulenze milionarie, il clientelismo elettoralistico e la corruzione. Insomma l’abbassamento complessivo della fibra morale del Paese nel finire della Prima e nel prosieguo della Seconda Repubblica.
Ma quello che oggi preoccupa è la composizione di questo fardello. E sì, perché una parte di esso è fatta dai cosiddetti “derivati”, i famigerati strumenti finanziari potenzialmente tossici che sono stati alla base della recente crisi finanziaria mondiale e della conseguente recessione economica.
Tutto è cominciato nel 2001 con la tremontiana “creatività” finanziaria. Quella che al termine del quinquennio berlusconiano dissestò i conti pubblici poi messi a posto e in sicurezza dai tanto vituperati Prodi e Padoa Schioppa.
Mago Tremonti con la finanziaria del 2002 concesse agli Enti locali di poter ricorrere ai “derivati”. Secondo la Corte dei conti i Comuni che hanno colto il frutto proibito sono 737 insieme a 40 Province e 13 Regioni per un debito complessivo di 35,6 miliardi.
Ma perché gli Enti locali sono ricorsi a questi strumenti finanziari? Per ridurre i costi di gestione del loro debito aiutandone la ristrutturazione. Sottoscrivendo però con le Banche contratti derivati è come se avessero avallato cambiali che, viaggiando nel vasto e oscuro mondo della finanza, non si sa più a chi stiano in mano.
Per quanto riguarda il debito capitolino la Rete Romana di mutuo soccorso, che raccoglie più di 80 fra comitati di quartiere e associazioni della città, ha denunciato in un comunicato stampa del 17 maggio che “i derivati stipulati dal sindaco Walter Veltroni e dall'assessore Marco Causi, ammontano a ben 6 miliardi 951 mila euro. I relativi interessi sono ammontati, per il 2008 a 467 milioni di euro, per il 2009 a 633 milioni di euro, e per il 2010 ammonteranno a ben 689 milioni di euro; insomma il contributo del Governo Nazionale che avrebbe dovuto consentire di risanare il debito del Comune di Roma, non basta neanche a pagare gli interessi per quest'anno”. Anche i tanto sbandierati finanziamenti per Roma capitale saranno per gran parte inghiottiti dagli interessi. Rischiamo di pagare fino al 2048.
L’associazione Antigene e la Federconsumatori, che da tempo seguono le tracce di questi strumenti infetti, hanno chiesto al Comune l’accesso agli atti. Vogliono vedere le carte del debito. Tutte le carte. Per ora hanno ricevuto solo dinieghi e silenzi imbarazzati, ma non hanno alcuna intenzione di mollare. La Rete denuncia “il silenzio della stampa, degli altri organi di informazione” e anche quello, pour cause, dell’opposizione di centrosinistra ancora avvolta dai fumi della tossicodipendenza finanziaria.
Il rischio è serio. La bolla finanziaria speculativa che in America ha travolto il sistema bancario e assicurativo poi salvato con i soldi dello Stato e dei contribuenti, qui in Italia rischia di travolgere gli Enti locali già strozzati dai tagli governativi.
Il Campidoglio, per esempio, può essere chiamato all’improvviso a dover fronteggiare il debito connesso ai contratti dei “derivati”. A quel punto sarebbe costretto a dismettere i beni pubblici in favore delle Banche, proprio quelle che gli hanno rifilato le polpette avvelenate, compresi quelli demaniali dello Stato in via di trasferimento per ripianare il debito comunale.
Una gigantesca espropriazione di beni collettivi da parte del sistema finanziario privato. Questi beni, essenzialmente aree ed edifici, sarebbero oggetto poi di un’ovvia valorizzazione speculativa che avrebbe pesanti ripercussioni anche sulle politiche urbanistiche innescando una nuova incontrollata espansione della città e un ulteriore saccheggio dell’agro romano.
E tutto ciò mentre i cittadini sarebbero chiamati a nuovi pesanti sacrifici per ripianare il resto del debito con l’aumento delle tariffe comunali, dalla Tari ai trasporti, e il taglio dei servizi, dalla scuola alle spese sociali.
Questo accade quando per riempire il buco del debito ci si affida ai bucanieri della finanza creativa.
Nessun commento:
Posta un commento